mercoledì 29 ottobre 2014

"LA FENDITURA DEL CIGNO" / "THE CYGNUS GALACTIC RIFT"



E’ ben noto come la Via Lattea sia divenuta sempre più difficile da osservare da aree urbane - se non addirittura del tutto scomparsa - soprattutto a causa dell'inquinamento luminoso che disturba la già bassa luminosità superficiale della lunga scia composta da stelle, polveri e gas.

Il Sole, con tutto il suo corteo di pianeti e corpi minori, giace all’interno della nostra Galassia che ha la forma di un sottile disco con un rigonfiamento nella zona centrale; proprio questa ragione per la quale essa appare nel cielo notturno come una lunga scia che percorre per 360° l'intera volta celeste. Più precisamente, il Sistema Solare giace in uno dei suoi bracci che si avvolgono spiraleggiando attorno al nucleo. La fascia della Via Lattea, tuttavia, non è uniforme, ma costernata qua e la da numerose interruzioni ben visibili ad occhio nudo, causate principalmente dalla della diversa distribuzione delle cosiddette “nebulose oscure”, formate da polveri interstellari, che oscurano la luce delle stelle più lontane loro retrostanti, nascondendole alla nostra vista. Tali nebulose oscure plasmano quindi la Via Lattea portandola ad assumere una caratteristica forma irregolare e frastagliata. In estate, osservando il cielo a sud di prima sera, da un luogo possibilmente lontano da luci, è facile osservare come la Via Lattea si allarghi in corrispondenza delle costellazioni del Serpentario, dello Scorpione e del Sagittario, la qual causa è dovuta al fatto che quelle costellazioni si stagliano proprio in direzione del ringonfiamento centrale galattico di cui sopra.




La struttura della Via Lattea è composta anche da due principali braccia a spirale (Perseo e Scudo-Croce) e due braccia complementari (Cigno e Sagittario) - aventi tutti origine dalla regione centrale della Galassia – da cui dipartono alcune bracci secondari; tra questi, il cosiddetto Carena-Sagittario è invisibile alle nostre latitudini in quanto stagliato sull’australe costellazione della Carena mentre quello del Cigno, al contrario, ricade proprio nell'emisfero boreale, manifestandosi in tutto il suo splendore nell'omonima costellazione che transita quasi allo zenith nel cielo estivo e si trova ancora alto sull’orizzonte in autunno di prima sera. Una delle caratteristiche più evidenti della Via Lattea nel Cigno, evidente anche all’osservazione condotta ad occhio nudo, è quella di apparire solcata da una lunga scia scura che sembra dividerla per una lunghezza di oltre una quarantina di gradi: tale area oscura è in realtà un enorme complesso di nebulose oscure sovrapposte, meglio noto come "Fenditura del Cigno".

Tale struttura parte da Deneb (α Cygni) che è la stella più luminosa della costellazione e e si dirige verso sud "tagliando" in due la Via Lattea: dapprima, lasciandosi ad ovest la parte più luminosa di essa; poi, in direzione della Volpetta (Vulpecula), cambiando direzione e rendendo visibile, da li a poco, un ricco campo stellare nella costellazione della Freccia (Sagitta). Fisicamente, tale “Fenditura” costituisce la parte più settentrionale della lunga fascia di nebulose oscure che attraversa in senso longitudinale tutto il tratto di Via Lattea boreale visibile durante i mesi estivi settentrionali. Essa termina circa all'altezza dell'equatore celeste, dove devia verso ovest, disperdendosi nella costellazione del Serpentario.

La parte più settentrionale di questa vasta area oscura viene anche chiamata “Sacco di Carbone Boreale”, in contrapposizione all'omonima nebulosa australe presente nella costellazione della Croce del Sud. Il complesso di gas e polveri che formano la Fenditura del Cigno comprende le note Nebulosa Nord America e Pellicano, estese per quasi mille anni-luce, i cui gas risplendono per eccitazione indotta da una giovane stella blu di classe spettrale O5V.Come detto, l’intera fenditura del Cigno si trova a circa 2600 anni-luce e funge da separazione fra il Braccio di Orione - area entro la quale giace il Sole e quasi tutte le stelle visibili ad occhio nudo - e la regione retrostante permeata delle grandi associazioni Cygnus OB, formate da massicce e luminose stelle azzurre appartenenti al vasto complesso nebuloso del Cigno. Le due componenti principali di questo sistema sono la grande nube ionizzata “Sh2-109” e la nube molecolare gigante “Cygnus X”, che costituiscono assieme uno dei più estesi complessi nebulari conosciuti all'interno del nostro Gruppo Locale di galassie.

Sebbene lo studio di questa regione sia reso meno facile a causa della sovrapposizione di nubi oscure lungo la linea di vista, sono state identificate in esso ben 159 nubi distinte, delle quali diverse caratteristiche come densità, dimensioni e massa sono abbastanza note, ricavate dallo studio del moto e delle velocità delle stelle loro appartenenti; a queste si aggiungono 7 grandi regioni H II, 3 resti di supernova, 45 stelle del tipo “T Tauri”, 18 getti molecolari e ben 215 sorgenti di radiazione infrarossa, tutte coincidenti con giovani protostelle associate con tali nubi molecolari. Il complesso sarebbe ancora in una fase iniziale della sua evoluzione, come testimoniato dalla presenza di alcuni ammassi stellari del tipo "aperto", estremamente giovani e concentrati, formati da componenti stellari brillanti e massicce.

Nella parte più remota della regione, connesso con una delle associazioni OB della zona, si trova il ben noto oggetto “Cygnus X-1”, una sorgente di raggi X da molti considerata essere un buco nero che risucchia la materia della sua stella compagna, una supergigante azzurra.Il braccio del Cigno comprende anche alcune brillanti associazioni di stelle OB, la cui distanza media è dell’ordine dei 2.500 anni-luce; tra queste, Cygnus OB3 e Cygnus OB8. La prima conta una quarantina di stelle massicce di classe O e B cui si aggiungono un paio di stelle di tipo Wolf-Rayet; Cygnus OB8 è la più esterna delle due: situata a breve distanza dalla nube Sh2-115, è composta da una ventina di giganti e supergiganti azzurre.




Dai gas del complesso nebuloso del Cigno si sono originate tre grandi associazioni note come Cygnus OB1, Cygnus OB2 e Cygnus OB9; fra queste, la più importante e maggiormente studiata è Cygnus OB2 (foto sopra), famosa per essere una delle associazioni OB più brillanti e concentrate tra quelle presenti nella Via Lattea. E’ formata da un gran numero di stelle supergiganti blu, molte delle quali sono accoppiate tra loro in sistemi binari. Alcune di queste stelle sono tra le più intrinsecamente luminose tra quelle conosciute. Una di queste è la celebre "Cygnus OB2-12". Considerando la massa, la densità e le dimensioni dell'associazione, si ipotizza che Cygnus OB2 sia in realtà un esempio di ammasso globulare in formazione: oggetti simili sono stati osservati sia nella Grande Nube di Magellano che nelle regioni di formazione stellare presenti in altre galassie ma, senza ogni dubbio, questo è il primo di questa classe di oggetti reperito all'interno della nostra Galassia.

Stefano Schirinzi



It is well known like the Milky Way has become more and more difficult to observe from urban areas since of the light pollution that disturbs the already low surface brightness of that long trail made ​​up of stars, dust and gas.

The Sun, with all his retinue of planets and small bodies that form the Solar System, lies within our own galaxy - which has the shape of a very thin disk with a bulge in the center - in one of his many arms that are wrapped spiralling, the reason for which it appears in the night sky like a long trail that runs along 360° through the whole sky. This band, however, is not uniform, but filled up here and there by many interruptions, all caused mainly by the different distribution of dark nebulae that are formed from interstellar dust obscuring the light of more distant stars, hiding them from view: those dark nebulae shape the Milky Way bringing it to take the so-characteristic irregular and jagged shape. In the summer, watching the starry sky to the south in the early evening and possibly far away from light-pollution, it is easy to see how the Milky Way widens just near the Ophiucus (the snake-holder), Scorpius and Sagittarius constellations: this is due to the fact that those figures stand right thorough the direction of the galactic bulge.



The structure of the Milky Way is actually composed of two major spiral arms called “Perseus” and “Scutum-Centaurus” as well as two additional arms, “Norma” and “Sagittarius”, all of them having origin in the central region of the Galaxy. More secondary arms radiate by those major arms; particularly, the so-called “Sagittarius-Carina” arm that is invisible at our latitudes since standing out on the southern constellation Carina; on the other hand, that one formed by the so-called “Cygnus arm” lies just in the northern hemisphere, manifesting itself in all its glory through the constellation that’s got the same name, which passes almost at its zenith in the summer sky and is still above the horizon in the early evening during autumn.

One of the most noticeable features of the Milky Way in Cygnus is to appear crossed by a long “dark trail” that seems to divide it by a length of over forty degrees: the dark area is actually a huge complex nebula known as the Cygnus “Great Rift”. This structure starts from Deneb, the brightest star of the constellation, and heads south “cutting” in two the Milky Way, leaving the brightest part to west; then, through the direction of Vulpecula constellation, it changes direction and leaves, just in a few degree, a rich star field just through the constellation Sagitta. Physically, it is the northernmost part of the long strip of dark nebulae that crosses longitudinally the Milky Way through its whole length, visible during the boreal summer months north, ending at the celestial equator, where it turns west and disperses outside the bright strip near the Serpens constellation. The northern part of this vast area is also called the “dark Coal Sack Borealis”, as opposed to the homonymous this southern nebula in the constellation of the Southern Cross.

The complex of gas and dust that formed the Rift includes the well-known North America and Pelican nebulae, the both of them extended for nearly a thousand light-years, which shine for gas excitation induced by a hot, young and massive blue star of spectral type O5V. As mentioned, the entire Cygnus Rift is 2600 light-years away from us and serves as a truly separation between the so-called “Orion arm” - where the Sun and all the stars visible to the naked eye lie - and the area behind it, permeated by the large Cygnus OB associations that are formed by massive and bright blue stars belonging to the vast Cygnus nebular complex. The two main components of such a system are the great ionized cloud  known as “Sh2-10” and the giant molecular cloud “Cygnus X”, which together form one of the largest known nebular complex in the whole Local Group of galaxies.

Although the study of this region is made ​​less easy because of the overlap of dark clouds along the sight line, a total of 159 distinct clouds have been identified; of each of them, different characteristics such as density, size and mass are well-known by the study of stars velocities. Furthermore, in the same area there are, at least, 7 large H II regions, 3 supernova remnants, 45 different “T Tauri” stars, 18 molecular jets and 215 well infrared radiation sources, all coinciding with young stellar objects and protostars, the whole of them associated with molecular clouds. It is likely that such a complex could still be at an early stage of its evolution, as evidenced by the presence of some open star clusters that are extremely young and held tight, formed by bright, hot and massive blue stars. Just in the most remote part of this region, connected with one of the OB associations in the area, there is the well-known object called “Cygnus X-1”, an X-ray source considered by many to be a black hole that sucks in the matter of its companion star, a blue supergiant.

The Cygnus arm also includes some bright associations of OB stars, whose distance is around 2,500 light-years; among these, Cygnus OB3 and Cygnus OB8. The first one has forty massive O-type stars and B plus a couple of Wolf-Rayet type stars; the other one is the outermost of the couple and is located a short distance from the cloud Sh2-115: it consists of twenty giant and blue supergiants.




By the gas of the Cygnus nebular complex three large OB associations originated: Cygnus OB1, Cygnus OB2 and Cygnus OB9. Among these, the most important and most studied is Cygnus OB2, famous indeed for being one of the most brilliant and concentrated OB associations in the Milky Way; it is formed by a large number of blue supergiants, some of which are also among the most intrinsically bright stars known such as the well-known "Cygnus OB2-12". Some astronomers, considering the mass, density and size of such an association, speculated that Cygnus OB2 is actually an example of a globular cluster under formation: similar objects have been observed both in the Large Magellanic Cloud and in star formation regions present in other galaxies; it is likely that this one would be the first of this class of objects known in our own Galaxy.

Stefano Schirinzi

mercoledì 1 ottobre 2014

"IL DESTINO ULTIMO DEL PIANETA TERRA - pt.1" / "PLANET EARTH ULTIMATE FATE - pt.1"


1a parte: LA DISTRUZIONE DEL SISTEMA TERRA-LUNA

Il continuo flusso e riflusso delle maree rende esplicita l’azione di forze naturali che, seppur invisibili, sono ben presenti; almeno a prima vista, anche le più intense onde di marea appaiono così deboli da non poter apportare alcuna modifica sull'intero pianeta. Eppure, questo infrangersi, a volte dolce altre violento, delle onde sulle coste è l’effetto di un processo che al di fuori di ogni dubbio porterà, in un futuro molto lontano, alla completa distruzione del sistema doppio Terra - Luna.

A chiunque viva vicino alla costa o abbia trascorso qualche giorno navigando sull'oceano, è noto il susseguirsi delle alte, così come delle basse maree, che si susseguono circa ogni 20 ore. Tenendo unicamente conto delle alte maree, queste si verificano all'incirca alla stessa ora in giorni successivi, mediamente separate da in un intervallo di 24 ore e 51 minuti; ma poiché il periodo di rivoluzione della Luna è esattamente di pari durata, è logico ipotizzare che maree e Luna sono in stretta relazione tra loro: ad dimostrare scientificamente per la prima volta tale connessione fu I.Newton, che espose una semplice ma corretta teoria delle maree in funzione dell’attrazione gravitazionale del nostro satellite naturale.

Anche se la Luna è in gran parte responsabile dell’insorgere delle maree, non bisogna dimenticare che anche la nostra stella, il Sole, è coinvolto in questo fenomeno; in termini quantitativi, il suo contributo è poco meno della metà di quello fornito dalla Luna, anche se la forza di attrazione gravitazionale del Sole su ogni particella di acqua è 180 volte maggiore della medesima esercitata dalla Luna. Il motivo per cui l’entità dell‘attività mareale lunare è circa il doppio di quella solare - nonostante la più debole forza gravitazionale del nostro satellite naturale - è legato al fatto che per il fenomeno delle maree non è la forza gravitazionale “totale” ad essere determinante quanto la differenza tra l’attrazione cui è sottoposta una goccia d’acqua sull'emisfero terrestre rivolto verso la Luna e quella sull'emisfero opposto.

Infatti, data la sua maggior vicinanza della Luna alla Terra, tale differenza risulta accentuata esattamente del doppio rispetto all'attrazione indotta Sole. Ad esempio, un grammo d’acqua situato nel punto sub-lunare, essendo tale quantità più vicina alla Luna di quanto sia il centro della Terra, subisce un attrazione molto più forte verso la Luna rispetto a quella subita dalla medesima quantità d’acqua che si trovasse al centro della Terra: proprio per questo motivo, gli oceani nel punto sub-lunare vengono sollevati come fossero una massa unica, creando l’alta marea. Allo stesso tempo, la medesima quantità d’acqua sulla parte opposta della Terra, essendo più lontana dalla Luna di quanto lo sia il centro della Terra, subisce una minore attrazione rispetto a quest’ultima: così, nella sua parte più distante dalla Luna, la Terra viene spinta ad allontanarsi dall'acqua, provocando la formazione di un’altra onda di alta marea. Ma poiché il punto sub-lunare si sposta lungo la superficie terrestre seguendo il levarsi della Luna assieme al suo transito e tramonto sull'orizzonte, le maree seguono la Luna come si trattasse di una lunga, bassa onda di cui una cresta si trova proprio in corrispondenza del punto sub-lunare e l’altra nell'emisfero opposto della Terra. Infatti, una persona che si trova su un’isola a guardare il sorgere della Luna, osserva che l’acqua si alza prima dalla parte più a Est dell’isola, poi sulla spiaggia a Sud e, infine, sulla spiaggia a Ovest; infine,  quando la Luna tramonta, l’acqua si abbassa nuovamente.  Negli oceani molto profondi le maree sono un fenomeno unicamente superficiale, che originano solo un piccolissimo spostamento d’acqua sul fondo del mare; al contrario, questo diventa considerevole lungo le coste continentali, laddove l’acqua invade la terra asciutta per poi retrocedere.

Tale andirivieni genera però un attrito tra l’acqua e la terraferma, processo che converte l’energia meccanica dell’acqua in calore; ma poiché le maree trattengono la loro energia cinetica dall'energia di rotazione della Terra, ne consegue che il costante crescere delle maree rallenta la velocità di rotazione del nostro pianeta, con la diretta conseguenza dell’allungamento della durata del giorno. In un certo senso, le maree agiscono come un enorme freno sulla rotazione della Terra, rallentandola per attrito esattamente alla stregua dei freni di una vettura.

Sebbene tale rallentamento mareale della Terra sia molto piccolo e l’allungamento del giorno molto graduale, esso viene tuttavia misurato con estrema accuratezza confrontando i tempi di inizio e fine delle eclissi recenti con quelli di eclissi passate; proprio dalla discrepanza tra osservazioni e previsioni teoriche delle eclissi si deduce che la velocità di rotazione terrestre è andata diminuendo nel corso del tempo e che, parallelamente, il giorno si sta allungando: esattamente, di un millesimo di secondo al secolo! Quantità piccolissima, ma pur presente.

Quantificando, l’energia rotazionale così dispersa dalla Terra ad opera delle maree è prossima ai 2 miliardi di KW. La conseguenza di ciò per il futuro del sistema Luna-Terra è che il momento angolare di rotazione perso dalla Terra nel suo rallentamento è trasmesso all'orbita lunare; nel rallentamento della velocità orbitale terrestre per attrazione dell’acqua degli oceani, la Luna infatti guadagna il momento angolare perso dalla Terra e viene, di conseguenza, spinta all'esterno della sua attuale orbita che va quindi ad ampliarsi nel tempo.

L’effetto diretto delle maree è proprio un continuo allontanamento della Luna dalla Terra e un costante aumento della durata dei mesi. Circa 4 miliardi di anni fa, la Luna si trovava a “soli” 18 mila km dal centro della Terra, il tempo di rotazione del nostro pianeta era, velocissimo, di sole 5 ore e i mesi erano poco più lunghi di un giorno! L’attuale lunghezza del giorno, dei mesi e l’attuale struttura del sistema Terra - Luna sono diretta conseguenza delle attività mareali degli ultimi 4 miliardi di anni; alla pari di quanto avvenuto in questo lunghissimo lasso temporale, anche in futuro il sistema Terra - Luna cambierà lentamente nella stessa modalità, finché la durata del mese e del giorno saranno rispettivamente di 47 giorni attuali terrestri l’uno e di 4 ore l’altro. Quando ciò accadrà, la Terra rivolgerà sempre lo medesimo emisfero verso la Luna e il nostro satellite sarà continuamente visibile solo da una parte della Terra, senza mai sorgere ne tramontare. Tuttavia, data l’estrema lentezza dell’azione mareale, non si verificherà che tra molti miliardi di anni…

Anche se in quella lontanissima epoca la Luna non provocherà più il levarsi o il calare delle maree producendo, anzi, un raddoppio costante dell’innalzamento del livello degli oceani, tale funzione sarà allora svolta dal Sole, la cui azione rallenterà ulteriormente la rotazione terrestre finché, questa volta, il giorno diventerà più lungo del mese. Contemporaneamente, la Luna comincerà ad avvicinarsi di nuovo alla Terra; alla ricerca di equilibri gravitazionali, allora il sistema Terra - Luna si allontanerà dal Sole, per cui il mese diventerà più breve mentre si allungherà la durata del giorno e dell’anno. Tale processo continuerà fino a che la distanza della Luna dal centro della Terra non sarà inferiore a 18 mila km, valore critico per la Luna noto anche come “limite di Roche”: a quella distanza, infatti, l’azione mareale della Terra sarà tale da ridurre Luna in frammenti che andranno a disporsi formando un anello attorno alla Terra; gli anelli dei pianeti giganti si sono formati proprio in questo modo, quando alcune delle loro lune, in un lontano passato, si avvicinarono troppo ad essi, oltrepassando la soglia del limite di Roche di quei pianeti.

Prima di essere distrutta dall'azione mareale terrestre, la Luna stessa provocherà enormi onde mareali sulla Terra alterandone completamente la struttura; poiché la forza mareale è inversamente proporzionale al cubo della distanza della Luna dal centro della Terra, essa aumenta quindi assai rapidamente, non appena la Luna si avvicina alla Terra. Ad una distanza di 8 mila km, la Luna si troverà quindi 24 volte più vicina alla Terra di quanto non lo sia ora e, come diretta conseguenza, la sua azione mareale sarà anche 15 mila volte maggiore! Le maree oceaniche, in quel lontano futuro al loro limite massimo, diverranno alte centinaia di metri e invaderanno completamente le terre emerse al sorgere del nostro satellite naturale.

Tuttavia, questa non sarebbe la peggior conseguenza, in quanto la Luna potrebbe anche alterare l’intera struttura terrestre producendo ampie onde mareali nelle regioni interne che, propagandosi, potrebbero provocare anche terremoti ed eruzioni vulcaniche. Anche se la Terra non venisse distrutta da tali cataclismi, allora, assai probabilmente, ogni forma di vita risulterebbe estinta. Col passare del tempo, ovvero dopo che la Terra avrà ridotto in frammenti la Luna, le violente eruzioni e i terremoti cesseranno e la vita, probabilmente, riprenderà a svilupparsi sulla terra ferma così come avvenuto in passato, seppur con unica differenza: la Luna, che in passato, inducendo le maree, aveva permesso agli organismi viventi di battigia di evolversi da marini ad anfibi, allora non esisterà più…

Ma questa non è ancora la fine dell’evoluzione “mareale” della Terra in quanto, a causa dell’azione gravitazionale del Sole, la lunghezza del giorno aumenterà fino ad eguagliare la durata dell’anno, quest’ultimo incrementando la sua durata di qualche settimana. La Terra mostrerà sempre lo stesso emisfero rivolto al Sole mentre l’altro si troverà sempre in eterna ombra; infatti, l’emisfero della Terra che riceve i raggi solari diverrà un deserto insopportabilmente caldo mentre la parte in ombra si coprirà di estesi manti glaciali spessi migliaia di metri. I due emisferi, proibitivi per l’esistenza, sarebbero separati da una zona “limite”, larga solo poche centinaia di chilometri, in cui potrebbero esistere ed adattarsi forme di vita.

Tuttavia, questi ultimi eventi descritti, pur possibili, molto probabilmente non accadranno mai in quanto il tempo necessario al loro compimento effettivo è così grande che il Sole stesso avrà cambiato drasticamente la sua stessa struttura, molto prima che la futura durata del giorno e del mese diventino uguali. E sarà allora, a seguito della “grande” trasformazione che subirà la nostra stella madre, che la Terra dovrà affrontare il suo destino ultimo, ancora incerto allo stato dell’arte delle attuali conoscenze sull'evoluzione futura del Sistema Solare. (...continua)






Part 1: THE EARTH-MOON SYSTEM DESTRUCTION

The constant ebb and flow of the tides makes explicit the action of natural forces which, though invisible, are present indeed; at least at first glance, even the most intense tidal waves appear so weak that they cannot make any changes on the planet. Nevertheless, the sometimes sweet and others violent crashes of waves on the coast is the direct effect of a process that, with of any doubt, in a very distant future will lead the Earth – Moon double system to complete destruction.

Anyone who live near the coast or have spent some days sailing on the ocean know a succession of high as well as the low tides, which occur about every 20 hours. Taking into account only the high tides, these occur at about the same time on successive days, on average separated by an interval of 24 hours and 51 minutes; since the period of revolution of the Moon is exactly of the same length, it is logical to assume that the tides and the Moon are in close relationship to one another: something that was scientifically demonstrated for the first time by I.Newton, which set forth a simple but correct theory of tides as a function of the gravitational pull of our natural satellite.

Although the Moon is in large part responsible for the onset of the tides, we must not forget that even our own star, the Sun, is involved in this phenomenon; in quantitative terms, its contribution is slightly less than half of that provided by the Moon, although the gravitational pull of the Sun on each particle of water is 180 times greater than the same exerted by the Moon. The reason why the magnitude of the lunar tides is about twice the solar ones - despite the weaker gravitational force of our natural satellite - is directly linked to the fact that for tides it is not the gravitational "total" force to be decisive but the difference between the attraction which it is subjected a drop of water on the Earth’s hemisphere facing the Moon and the opposite one.

In fact, given the Moon’s greater proximity to the Earth, this difference is accentuated exactly than double the attraction induced by Sun. For example, one gram of water located in the sub-lunar point, being this quantity nearest to the Moon than the center of the Earth itself, it takes a much stronger attraction to the Moon compared to the one suffered from the same amount of water that would be present at the center of the Earth: for this reason, the oceans in the sub-lunar point are just raised as if they were a single mass, so creating high tides. At the same time, the same amount of water present on the opposite side of the Earth, being more distant from the Moon than the center of the Earth, it undergoes a lesser attraction as compared to the latter: thus, in the part most distant from the Moon, the Earth is pushed to move away by the water, causing the formation of a new wave of high tide. Since the sub-lunar point moves along the surface of the Earth following Moon’s rising, transit and sunset, the tides follow the Moon along its path, the tides just follow the Moon as it was a very long and low wave whose crest is right at the point sub-lunar and the other in the opposite hemisphere of the Earth. As a direct consequence, a person who is on an island watching the rising of the Moon, would observe that the water rises from the eastern part of the island, then on South thus on the western beach. Finally, when the Moon sets, the water is lowered again. In very deep oceans the tides are only a superficial phenomenon, which originate only a very small displacement of water on the bottom of the sea; on the contrary, this effect becomes stronger on continental coasts, where water invades the shoreline and then recede.

This coming and going, however, creates friction between the water and the land, a process that converts water’s mechanical energy to heat; since the tides retain their kinetic energy from the energy of rotation of the Earth, thus the constant growth of the tides slows down the rotation’s speed of our planet and, as a direct consequence, days lengthen. In a sense, the tides act as a huge brake on the rotation of the Earth, slowing it down by friction exactly the same way as a car’s brakes.

Although this tidal slowing of the Earth is very small and very gradual lengthening of the day, it is possible to measure it with extreme accuracy by comparing the times of the beginning and ending of recent and past eclipses; just by the discrepancy between observations and theoretical predictions of eclipses, it can be deduced that the speed of rotation of the Earth has been decreasing over time and that, at the same time, the day is getting longer: exactly one thousandth of a second per century! A very small amount indeed, but still present.

Quantifying the rotational energy lost by the Earth because of the tides, it is close to 2 billion KW. The future consequence on the Earth-Moon double system is that the angular momentum lost by the Earth's slowing rotation is transmitted to the lunar orbit: by the Earth's slowing because of the oceans, the Moon gains the same amount of angular momentum lost by the Earth and is, therefore, pushed out of its current orbit which widens over time.



The direct effect of the tides is just a continuous removal of the Moon from the Earth and a steady increase in the duration of months on the planet. About 4 billion years ago, the Moon was "only" at 18,000 km from the center of the Earth, the time of rotation of our planet was very fast, only 5 hours, and months were a little longer than a day! The actual length of the day, the month and the current structure of the Earth - Moon system are a direct result of tidal activities in the last 4 billion years; but even in the future the Earth - Moon system will slowly change in the same way, until the duration of the month and the day will be 47 current days and 4 hours respectively. When that happens, the Earth will always show the same hemisphere to the Moon and the Moon will be continuously visible only by one side of the Earth, without rising nor setting. However, given the extreme slowness of tidal action, this will not occur but in many billions of years...

Even if in that distant epoch the Moon will not cause the rise and fall of the tides but a constant of rising of ocean levels, then this function will be performed by the Sun itself, whose action will further slow the Earth's rotation until, this time, the day becomes longer than the month. At the same time, the Moon will begin to approach back to the Earth; looking for gravitational equilibrium, then the system Earth - Moon will move outward from the Sun, so the month will become shorter: in the meanwhile, the duration of the day and year will lengthen. This process will continue until the Moon's distance from the center of the Earth will not be less than 18,000 km, a critical value for the Moon also known as "Roche limit": at that distance, in fact, the strong tidal action of the Earth will be such to reduce Moon in fragments that will be arranged to form a ring around the Earth; the rings of the giant planets were formed by this way, when some of their moons, in distant past times, came too close to them, crossing the threshold of the Roche limit of those planets.

Before being destroyed by the tidal action of the Earth, the Moon itself will cause huge tidal waves on Earth altering its structure; since the tidal force is inversely proportional to the cube of the distance of the Moon from the Earth's center, then it increases very rapidly as soon as the Moon is closer to Earth. At a distance of 8000 km, the Moon will thus be 24 times closer to Earth than it is now: as a direct consequence, its tidal action will also be 15,000 times greater! In other words, the ocean tides, at their maximum limit, will be hundreds of meters high and fully invade the land along with the rise of our natural satellite above the horizon.

However, this would not be the worst result, since the Moon will likely alter the entire terrestrial structure producing wide tidal waves in the inner land regions that, just propagating within the Earth's surface, would likely cause earthquakes and volcanic eruptions as well. Even if the Earth was not destroyed by these huge disasters, then, most likely, all life would be extinguished. As time goes on, after the Earth will reduce the Moon to fragments, the violent eruptions and earthquakes will cease and life will probably resume to grow on dry land as well as in the past, but this time with only one important difference: the Moon, which in the past caused the tides, letting living organisms on the shorelines to evolve from marine to amphibians, then no longer will exist...

But even this one will be not the ultimate Earth’s tidal forces evolution since, due to the tidal action of the Sun, the day length will increase to equal the duration of the year, the latter by increasing it duration by some weeks. The Earth will always show the same hemisphere facing the Sun while the other will always be in eternal shade; in fact, the Earth’s hemisphere that will receive the sunlight will become a desert unbearably hot while the shaded part will be covered with thick ice mantles, thousands of meters deep. The two hemispheres, prohibitive for existence, would be likely separated from an area only a few hundred kilometers wide, where forms of life could, perhaps, exist and adapt.

The latter events just described, although possible, most likely will never happen since the time necessary for their effective fulfillment is so great that the Sun itself will drastically change its structure in the meanwhile, long before the future duration of the day and the month become equal. As a result of a "great" transformation that our parent star will undergo, the Earth will face then its ultimate destiny, today still uncertain. (...to be continued)