venerdì 2 ottobre 2020

UN BELLISSIMO TIME-LAPSE SUL CALO DI LUMINOSITA' DI UNA SUPERNOVA EXTRAGALATTICA

Il telescopio spaziale Hubble è stato diretto ad osservare la variazione di luce di una supernova, SN2018gv, scoperta dall'astronomo non professionista giapponese K.Itagaki il 15 Gennaio 2018 nella galassia a spirale NGC2525, situata nella costellazione della Poppa (Puppis) ma lontana 70 milioni di anni luce dalla Via Lattea; con le immagini, riprese nell'arco di tempo che va da Febbraio 2018 a Febbraio 2019, è stato tratto lo stupendo video (qui di seguito presentato) nel quale la supernova, situata sul bordo esterno della galassia, appare dapprima come una luminosa stella, superando almeno inizialmente in luminosità le stelle più luminose presenti nella galassia, per poi svanire alla vista:


E' noto l'utilizzo delle supernovae quali indicatori di riferimento (o "candele standard") nella misura della distanza delle galassie; parametro, a sua volta, necessario per calcolare quanto velocemente le galassie sembrano allontanarsi da noi per effetto dell'espansione stessa dell'Universo: e, proprio tale velocità (detta anche "redshift" o "spostamento verso il rosso" (delle righe spettrali delle galassie, per effetto Doppler) fornisce una stima sia sul tasso di espansione che della stessa età dell'Universo.

Una singola supernova sprigiona, in pochi giorni, l'equivalente dell'energia che il Sole produce in diversi miliardi di anni; si tratta, a tutti gli effetti, di uno tra i fenomeni più violenti ed energetici tra quelli che accadono nell'Universo e proprio la grandezza della luminosità prodotta porta tali stelle, catturate nel momento della loro drammatica morte indotta da esplosione, a rendersi visibili a distanze dell'ordine di miliardi di anni luce. Nel caso di SN2018gv, a produrre la mastodontica esplosione è stata, in realtà, una stella neanche tanto grande; anzi, l'esatto opposto: una piccola nana bianca la quale, in orbita attorno ad una compagna di ben maggiori dimensioni ma poco densa, è andata letteralmente a strapparle di dosso una grande quantità di materiale gassoso.

Questo, andando ad accumularsi sulla piccola ma densissima stella la cui pressione (che contrasta il collasso indotto dalla propria gravità) è data da una condizione particolare della sua materia (detta, "degenere", composta da soli elettroni), ha portato la massa della nana bianca ad oltrepassare il cosiddetto "limite di Chandraseckar", pari a 1,44 masse solari: qui, la pressione indotta dalla materia degenere non ha potuto evitare il collasso, che è andato quindi a generarsi, portando la stella ad innalzare in pochi secondi la temperatura al suo interno che l'ha quindi portata letteralmente ad esplodere, creando così una "supernova di tipo Ia". L'energia prodotta da una supernova di questo tipo è tale che nel giro di pochi secondi viene rilasciato l'equivalente prodotto da ben 5 miliardi di Soli!

SN2018gv, ripresa dal telescopio spaziale Hubble poco dopo il massimo di luminosità e, in un secondo momento, dopo che la stessa era già alquanto diminuita

Nel giro di qualche settimana, l'energia prodotta dalla supernova si riduce; caratteristica desunta proprio dalla diminuzione di luminosità cui la supernova va incontro dopo il picco iniziale. L'altissima temperatura raggiunta nell'esplosione è tale da permettere nucleosintesi di nuovi elementi durante la combustione dell'ossigeno e del silicio ivi coinvolti: silicio, zolfo, cloro, argon, potassio, calcio, scandio, titanio, vanadio, cromo, manganese, ferro, cobalto e nichel vengono creati proprio a seguito di stelle andate a pezzi per loro stessa esplosione, alimentando però le abbondanze chimiche del mezzo interstellare da cui nasceranno nuove generazioni di stelle.

Le immagini originali dell'astrofilo giapponese inerenti l'apparizione di SN2018gv

giovedì 1 ottobre 2020

LA GALASSIA DALLA LUMINOSITA' UV SIMILE A QUELLA DI UN QUASAR

L'Universo è così immenso che il campionario di oggetti in esso presenti non smette mai di stupire ed ampliarsi; oggetti precedentemente considerati appartenere ad insiemi già noti di cose, si rilevano inaspettatamente nuovi enigmi da decifrare.

E' questo il caso di un oggetto scoperto a seguito dell'analisi di oltre mezzo milione tra galassie e quasar nel progetto denominato Baryon Oscillation Spectroscopic Survey (BOSS), realizzato nell'ambito dello Sloan Digital Sky Survey (SDSS) e indirizzato a misurare il tasso di espansione dell'Universo mappando la distribuzione spaziale di galassie rosse luminose (LRG) e quasar.

L'oggetto in questione, denominato BOSS-EUVLG1, presenta la caratteristica di apparire alquanto luminoso nella banda ultravioletta dello spettro elettromagnetico, rilevando però un elevato spostamento verso il rosso (detto anche z, che misura dell'arrossamento della luce proveniente dalla galassia e può essere utilizzato per trovare la sua distanza: più è lontana la galassia, maggiore è il valore), con z = 2,47: valore che pone l'oggetto a ben 11 miliardi di anni luce di distanza dalla Via Lattea, la nostra galassia! In altre parole, Di conseguenza, così indietro nel tempo che, all'epoca in cui da esso partirono i fotoni che oggi arrivano ai sensori applicati ai telescopi permettendo così di delinearne le caratteristiche, lo stesso Universo aveva solo 2 miliardi di anni di età!

La regione del cielo contenente la galassia BOSS-EUVLG1; a dx, rappresentazione artistica della formazione stellare in essa rilevata (©Legacy Imaging Surveys, G.P.Díaz)

Non è da biasimare chi, tenendo della combinazione "elevata luminosità + elevata distanza", aveva considerato l'oggetto in questione come uno dei tanti quasar sparsi nelle profondità dell'Universo. I quasar sono probabilmente i più affascinanti nonché inquietanti tra tutti gli oggetti che popolano l'Universo conosciuto: immense fucine di energia prodotta dall'immenso campo gravitazionale di buchi neri supermassicci (ovvero, dalla massa da milioni a miliardi di volte quella del Sole!) annidati nel nucleo di grandi galassie; corpi così incredibili che si ritiene nati quasi sicuramente dalla fusione di altri buchi neri preesistenti nel nucleo di galassie entrate in collisione e, di seguito, fuse tra loro.

Tuttavia, osservazioni eseguite con gli strumenti OSIRIS ed EMIR montati sul Telescopio Gran Canarias (o GCT, dallo specchio di 10,4 metri, situato alla quota di 2267 metri sull'isola di La Palma, Canarie) e tramite il radiointerferometro ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array, situato a ben 5000 metri d'altitudine nel deserto di Atacama, in Cile) hanno dimostrato che non è un quasar bensì una galassia con dalle proprietà eccezionali, unica nel suo genere.

Lo studio, pubblicato sul Monthly Notice of the Royal Astronomical Society, ha rivelato come l'elevata luminosità di BOSS-EUVLG1 sia dovuta al gran numero di stelle giovani e massicce presenti in questa galassia: sebbene si tratti di un oggetto di modeste dimensioni, con un diametro stimato 1/30 di quello della Via Lattea, il tasso di formazione stellare è elevatissimo, circa 1.000 volte superiore a quello della Via Lattea. In quella lontana epoca, un migliaio erano le stelle che all'anno prendevano vita in quella giovane e remotissima galassia, dominata dalla formazione di nuove e massicce stelle che contribuirono a rendere davvero minima la quantità di polvere in essa diffusa.

Il suo stesso grado di metallicità (quantità indicante la frazione, in termini di massa, di "metalli" presenti nella galassia ovvero tutti quegli elementi diversi da idrogeno ed elio) è bassissimo: in altre parole, le stelle in essa visibili sono proprio le prime ad essersi ivi formate (fossero esistite stelle precedenti, queste avrebbero infatti arricchito di "metalli", prodotti nelle fasi della loro evoluzione e soprattutto nell'esplosione in supernovae di quelle più massicce la composizione chimica della piccola galassia).

Il tasso di formazione stellare rilevato in BOSS-EUVLG1 è paragonabile solo alle più luminose tra le galassie note per avere una grande emissione nell'infrarosso; tuttavia, la grande luminosità che la galassia presenta nella luce visibile e in quella UV può essere unicamente spiegata con l'assenza di polveri, che altrimenti andrebbero ad attenuare l'emissione visibile ed UV di questo oggetto.

Secondo i modelli evolutivi galattici oggi accettati, BOSS-EUVLG1 evolverà divenendo, nel tempo, più "polverosa" a seguito dell'esplosione delle sue massicce stelle in supernovae); di pari passo, anche l'emissione UV durerà poche centinaia di milioni di anni. Il brevissimo periodo evolutivo in cui la galassia si ritrova, così come a noi oggi si presenta, andrebbe elegantemente a spiegare l'estrema difficoltà nel rilevare altre galassie con simili caratteristiche.

Nella galassia NGC972, la formazione di nuove stelle crea forme simili ai petali di una rosa, il cui colore è dato dall'idrogeno gassoso eccitato proprio dall'intensa luce di stelle appena nate; ad intrecciarsi con queste nebulose, gli oscuri flussi di polveri (©HST)