mercoledì 18 marzo 2015

VARIAZIONI MILLENARIE DELLE LUMINOSITA' APPARENTI DELLE STELLE

Il moto proprio delle stelle nello spazio, in particolare quello relativo alle più prossime al Sistema Solare, porta a variare la loro luminosità apparente nel tempo a seconda che queste si avvicinino o si allontanino da noi. Il grafico sotto riporta le variazioni delle luminosità apparenti di alcune delle stelle apparentemente più luminose tra quelel visibili ad occhio nudo entro i prossimi 25.000 anni.
La velocità radiale, ad esempio (ovvero quella nella direzione della linea di vista) di Altair, la stella più luminosa della costellazione dell’Aquila - che inizia a rendersi ben visibile di prima sera nei mesi a cavallo tra la Primavera e l'Estate, è di -26,1 ± 0,9 km/s; stando a tale valore, la stella dell’Aquila sta quindi avvicinandosi con la diretta conseguenza che la sua magnitudine apparente è destinata ad aumentare nei prossimi millenni ma mano che essa continuerà ad avvicinarsi alla Terra. Dopo aver raggiunto la distanza minima di 9 anni-luce tra circa 140.000 anni - al momento, ne dista 16 - essa splenderà di magnitudine apparente -0,53, superiore a quella che, adesso, possiede Canopo, la seconda stella più luminosa del cielo dopo Sirio. Dopodiché la luminosità apparente di Altair, allontanandosi dalla Terra, inizierà un lento declino.



Alla stessa maniera, Sirio che con magnitudine -1,46 è la stella più luminosa del cielo, aumenterà la propria luminosità nei i prossimi 50.000 anni, quando raggiungerà il picco di -1,66 proprio in seguito al suo avvicinamento; a partire da allora, anche Sirio comincerà a declinare divenendo sempre meno luminosa. In ogni caso, fra 140.000 anni essa sarà ancora la stella più brillante del cielo, splendendo magnitudine di -1,37. Al contrario, la stella Canopo, che attualmente “tallona” Sirio come seconda stella più luminosa della volta celeste alla magnitudine -0,62, ha già raggiunto il picco di luminosità apparente, esattamente 3,11 milioni di anni fa, quando splendeva di -1,86, quindi più di quanto Sirio lo faccia ai giorni nostri; da allora, Canopo sta diminuendo la sua luminosità, anche se piuttosto lentamente: infatti, fra 140.000 anni, pur splendendo di magnitudine -0,57, sarà ancora la seconda stella in ordine di luminosità apparente.
Altre stelle, attualmente più luminose di Altair, come α Centauri, Arturo e Procione, si troveranno tutte nel punto più vicino alla Terra entro i prossimi 50.000 anni, data dopo la quale esse diminuiranno la propria luminosità divenendo, l'una dopo l'altra, tutte più deboli di Altair. Vega, la stella più luminosa della costellazione della Lira, attualmente più luminosa di Altair, è invece destinata ad aumentare la propria luminosità nei prossimi 290.000 anni, quando raggiungerà il picco alla magnitudine di -0,81; tuttavia, a causa del suo moto nello spazio, il suo aumento di luminosità è molto più lento di quello di Altair, che diverrà più luminosa di Vega fra circa 110.000 anni. Quasi come un gioco, fra circa 140.000 anni Altair comincerà a declinare in luminosità proprio mentre Vega starà continuando ad aumentare: Vega, quindi, tornerà a splendere nuovamente più di Altair anche in futuro.

martedì 17 marzo 2015

MERAVIGLIE CELESTI DI UNA IMMENSA COSTELLAZIONE: L'IDRA

Quale è la costellazione più grande? E’ visibile dalle nostre latitudini?

Per rispondere a queste domande, spesso rivolte dal pubblico in visita in osservatorio, è sufficiente rivolgere l’attenzione al cielo notturno visibile in questo periodo. Osservando, infatti, il cielo di prima sera in direzione Sud da una postazione favorevole con l’orizzonte libero e possibilmente lontana da fonti luminose, è possibile notare una lunga scia di stelle purtroppo non di particolare luminosità - esclusa la principale - che si estendono da ovest ad est per un totale di ben 11 ore di Ascensione Retta, coprendo oltre 165° ; in altre parole, quasi mezza volta celeste: per intenderci, dall’area attigua all’invernale costellazione dell’Unicorno, quest’ultima vicina al gigante Orione, fino alla Bilancia cui segui, da li a poco, l’estivo Scorpione.


E’ proprio questa la costellazione più grande del cielo, l’Idra, estesa su ben 1303 gradi quadrati, compresi tra + 54° e – 83° di Declinazione. E’, tra l’altro una delle storiche 48 costellazioni che l’astronomo Tolomeo incluse in quello che è il primissimo atlante celeste della storia, il suo “Almagesto” edito nel II secolo. Egli rappresentò la lunga e sinuosa forma del mitologico animale dalle nove teste, protagonista di una delle dodici fatiche di Ercole, figura che tuttavia i greci a loro volta adottarono da una ben più antica costellazione, un serpente, ideata dai Babilonesi.Come generalmente accade alle costellazioni che sono situate lontano dalla Via Lattea, laddove regnano stelle generalmente luminose, anche la costellazione dell’Idra è delineata da stelle mediamente di modesta luminosità, certamente facilmente apprezzabili da luoghi in cui l’oscurità regna sovrana ma soffocate, fino a scomparire, quando ricercate da aree urbane; ad ogni modo, ad occidente, esattamente al di sotto della zodiacale costellazione del Cancro, giace un gruppo di stelle di terza e quarta grandezza la cui disposizione, grossolanamente circolare, delinea la testa (o una delle teste) dell’animale, in particolare con le stelle η Hya e σ Hya a formare le fauci e la coppia δ Hya ed ε Hya gli occhi. Proprio da quest’ultima parte la lunga scia di stelle che, a parte α, si rende evidente con la luminosa ν Hya, diverge ancora più a sud raggiungendo con β Hya la declinazione più bassa, risale alla luminosa coppia γ Hya e π Hya, strette tra il Centauro e la Vergine, per chiudersi infine con la stella di quarta grandezza 58 Hya, situata proprio sotto la Bilancia. Posso garantire che la sua osservazione è tutt’altro che facile; e, anche volendola riprendere con un obbiettivo a grande campo, è necessario comporre un mosaico panoramico per poterla “acchiappare” tutta.

Ad ogni modo, le numerose stelle in essa presenti forniscono ottimi punti che possono essere utilizzati al fine di reperire i notevoli oggetti del cielo profondo che l’Idra contiene, tra cui l'ammasso aperto Messier 48, il globulare Messier 68, Messier 83 ovvero la galassia “girandola meridionale”, l’ammasso di galassie dell'Idra di galassie, NGC 5694, noto come il globulare di Tombaugh, NGC3242 ovvero la nebulosa planetaria chiamata “fantasma di Giove” per concludere, infine, con la caratteristica galassia con la banda di polveri arcuata ESO 510-G13 e la coppia di galassie interagenti NGC 3314a - 3314b.


La stella più luminosa di questa immensa costellazione è Alphard (α Hydrae) nome che deriva dall’arabo Al-fard, in relazione alla sua solitaria posizione in quella che nella loro tradizione era un serpente; l’astronomo Tycho Brahe l’appellò invece con il latino Cor Hydrae, tuttavia poco noto. 
Splende di magnitudine 1,98, valore che la colloca al 48° posto tra le stelle più luminose dell’intera volta celeste. E’ possibile individuarla proseguendo in linea retta dall’estremità del timone del Grande Carro (Orsa Maggiore) e oltrepassando Regolo (Alpha Leonis) proseguendo in direzione sud-ovest ancora per 25° oppure da Alhena (Gamma Geminorum) oltrepassando la luminosa Procione (Alpha Canis Minoris) per altri 30°; la sua reperibilità è in ogni caso istantanea a causa della povertà di stelle di simile luminosità in zona. Ad occhio nudo, potendola osservare da un luogo prettamente oscuro, Alphard appare marcatamente giallo-oro; si tratta infatti di una gigante di tipo spettrale K3 lontana 180 anni-luce, che possiede una temperatura superficiale prossima ai 4000 K, dal diametro e luminosità intrinseca equivalenti rispettivamente a 50 e 120 volte quella del Sole. A 283” d’arco è presente una compagna di decima grandezza, puramente prospettica. Il moto di Alphard è in avvicinamento al Sole, per l’esattezza di 4 chilometri al secondo.


La seconda stella più luminosa dell’Idra è γ Hydrae, reperibile nella parte orientale della figura, esattamente sotto la luminosa Spica (Alpha Virginis) e ad oriente delle quattro stelle che delineano il caratteristico quadrilatero del Corvo. E’ una gigante gialla di tipo G8 (anche se nella foto appare azzurrina) che splende esattamente di terza magnitudine, lontana 132 anni-luce. Così come Alphard, anche la massa di γ Hydrae è tre volte quella del Sole; tuttavia, il diametro è nettamente inferiore, equivalente a 13 volte quello del Sole. È 115 volte più luminosa del Sole, ma significativamente più giovane, essendo la sua età di soli 370 milioni di anni.


A meno di 2 gradi ad est di questa stella è possibile rintracciare una notevole variabile, R Hydrae. E’ una pulsante a lungo periodo del tipo Mira, il cui spettro di tipo M7 la rende inconfondibilmente una tra le più rosse stelle visibili con binocoli e ad occhio nudo; la sua luminosità visuale cambia lentamente tra le magnitudini 3,5 e 10,9, divenendo quindi perfettamente visibile ad occhio nudo nella fase di massimo, che permise a Maraldi nel 1704 di rilevarne la variazione luminosa che portò R Hya ad essere la terza stella variabile in assoluto ad essere stata scoperta. Le registrazioni effettuate negli anni, tuttavia, denotano come il suo periodo medio sia variato nel tempo, passando dai 495 giorni prima del 1770 agli attuali 389 giorni; nello stesso intervallo di tempo, anche il range di variazione luminosa è cambiato tanto che più di due secoli fa era compreso tra 4,5 e 9,5. Lontana 538 anni-luce e, sebbene ne sia prospetticamente distante, è un membro effettivo dell'ammasso aperto delle Iadi; l’appartenenza al noto ammasso stellare è stata decretata studiandone il moto nello spazio: a prova di questo, nella direzione opposta alla sua provenienza, la stella ha prodotto una sorta di onda d’urto nel materiale interstellare incontrato lungo il suo percorso, rilevato nell’infrarosso. Stella variabile sicuramente raccomandata agli interessati che volessero intraprendere uno studio in questo affascinante campo.


Ancora più ad est, in direzione della costellazione della Bilancia, splende π Hydrae, stella di magnitudine 3,25. Anche in questo caso si tratta di una stella mediamente lontana dalla Terra, a “soli” 101 anni-luce di distanza, ed anche essa presenta una colorazione giallo dorata dovuta al suo tipo spettrale che è K1 III-IV, che significa che si tratta di una subgigante dal diametro 13 volte il Sole.


Resta invece un mistero come alla debole β Hydrae, che splende di magnitudine 4,28 ed è situata nel mezzo dell’Idra (proprio al di sotto delle costellazioni del Corvo e della Coppa) l’astronomo Bayer abbia potuto attribuire addirittura la lettera greca che denota la seconda stella in ordine di luminosità della costellazione; tenendo presente che si tratta di un sistema doppio, la cui componente principale è una stella variabile del tipo Alpha-2 CVn – le cui oscillazioni luminose sono di entità davvero modesta, di appena 0,04 magnitudini in un periodo di 2,344 giorni - molto probabilmente la stella è andata soggetta ad un calo di luminosità negli ultimi secoli…a meno che l’astronomo tedesco non abbia commesso un errore grossolano nella sua valutazione.



Risalendo da quest’ultima verso Alphard ad occidente, con l’ausilio di una carta celeste non sarà difficile individuare un’altra stella rossa da record. Si tratta di V Hydrae, il cui tipo spettrale C9 ne denota la natura di “stella di carbonio”: è di una delle stelle più rosse nel cielo notturno, come facilmente denotabile dalla differenza tra le magnitudini che la stella assume ripresa con un filtro blu e nel visuale: più il numero è positivo, maggiore sarà l’intensità rossastra della stella (nel caso di V Hydrae: B-V = m 5,5); al contrario, valori prossimi allo 0 denotano una colorazione neutra, solitamente bianca, mentre quelli negativi tinte cromatiche prettamente tendenti all’azzurro. V Hydrae è una variabile semi-regolare, la cui luminosità apparente varia tra le magnitudini 7,0 e 11,5 in circa 18 anni, lunghissimo periodo entro il quale si riconoscono variazioni di ampiezza più modesta ogni 530 giorni circa. V Hydrae è lontana circa 1300 anni-luce, valore ben maggiore delle stelle finora elencate. Così come R Hydrae, anche V Hydrae si appresta a rappresentare un ottimo target per lo studio delle curve di luce delle stelle variabili, riservata a principianti ma non solo.


L’ultima stella di un certo interesse che andiamo a conoscere è situata nella testa dell’Idra. SI tratta di ε Hydrae, sede di un sistema stellare multiplo composto da almeno quattro componenti, lontano 129 anni-luce. La principale, la stella binaria Epsilon Hydrae AB, è di magnitudine 3,38 e classificazione stellare di G5 III + F0V, sigla che denota la presenza di una gigante gialla e una nana bianca gialla, separate da 0,2” d’arco e dal periodo orbitale di 15 anni; ε Hydrae A, la componente primaria, è 67 volte più luminosa del Sole. ε Hydrae C è invece una binaria spettroscopica di tipo spettrale F5 e magnitudine 7,5, lontana 3” d’arco dalla coppia principale; ha un periodo di 10 giorni ed orbita attorno la coppia principale in circa 870 anni. 19 secondi d'arco separano l’ultima componente, ε Hydrae D, dalla coppia principale alla quale, tuttavia, sembra essere gravitazionalmente legata, condividendone il moto proprio: si stima che il periodo orbitale di questa ultima componente sia dell’ordine dei 10 mila anni.


A patto di osservare sotto un cielo di buona trasparenza e lontano da luci, Messier 48 è un ammasso stellare facile da individuare anche ad occhio nudo grazie alle sue notevoli dimensioni angolari (di poco inferiori al disco lunare) e alla sua pregevole luminosità, equivalente alla quinta grandezza. Lontano 1500 anni luce, è popolato da un’ottantina di stelle vecchie di circa 300 milioni di anni e che si estendono su un’area di circa 23 anni-luce di diametro. Venne scoperto da Charles Messier nel 1771 ma, assai curiosamente, lo scopritore ne riportò malamente la posizione, facendolo letteralmente divenire un oggetto “fantasma” del suo catalogo finché non venne finalmente individuato appena nel 1959 da Morris.


Messier 68: la posizione di questo ammasso globulare, situato in una regione povera di oggetti deep-sky di un certo rilevo nonché ad una certa declinazione australe - caratteristica che rende certamente favorevole la sua osservazione dall’emisfero meridionale - ha reso questo ammasso globulare molto trascurato dagli appassionati del cielo. In ogni caso, la sua individuazione non è difficile, sapendo di trovarlo sul prolungamento delle luminose stelle δ – β Corvi, poco oltre quest’ultima. Scoperto da Messier nel 1780, splende di magnitudine 9,67; è lontano ben 33 mila anni-luce e, con un diametro di almeno 140 anni luce - entro il quale trovano spazio circa 1 milione di stelle – è uno degli ammassi globulari più grandi appartenenti alla Via Lattea. La sua osservazione al telescopio rende al meglio con strumenti dell’ordine dei 200 – 300 mm di diametro, con i quali è possibile risolvere decine di stelle componenti.


Abell 1060 è il famoso "ammasso di galassie dell’Idra", le cui componenti principali sono abbordabili con telescopi dall’apertura attorno ai 200-300 mm, reperibile. Lontano 190 milioni di anni-luce, è uno dei tre grandi ammassi di galassie nel raggio di 200 milioni di anni-luce della Via Lattea. Si estende per circa 10 milioni di anni-luce, contenendo circa 160 galassie, le più grandi delle quali sono le ellittiche NGC 3309, NGC 3311 e la spirale NGC 3312, aventi tutte e tre diametri dell’ordine dei 150 mila anni-luce. L’ammasso di galassie dell’Idra è noto per possedere un'alta percentuale di materia oscura ed è parte del più ampio superammasso Hydra-Centaurus, lontano circa 158 milioni di anni-luce, cui appartengono numerose altre galassie sparse nella vicina costellazione del Centauro.


Nelle vicinanze dell’ammasso dell’Idra è possibile rintracciare un curioso esempio di galassie prospetticamente sovrapposte ma non fisicamente legate. Parliamo infatti di NGC 3314a e NGC 3314b, lontane rispettivamente 117 e 140 milioni di anni-luce da noi ma giacenti esattamente lungo la stessa linea visuale.


La galassia Messier 83, nota anche come “galassia a girandola del sud” a causa della sua somiglianza con Messier 81 presente nell’Orsa Maggiore, è una luminosa spirale barrata di magnitudine 7,5, situata grosso modo a metà strada tra γ le stelle π dell’Idra e quelle più settentrionali del Centauro. Lontana “solo” 14,7 milioni di anni-luce e con un diametro di circa 100 mila anni luce (poco inferiore a quello della Via Lattea), è una delle galassie a spirale barrata più vicine e più luminose, tanto che un binocolo è già sufficiente ad osservarla. Al suo interno sono comparse ben 6 supernovae, l’ultima delle quali nel 1983. Venne scoperta dall'astronomo francese de Lacaille nel 1752 da Capo di Buona Speranza mentre Messier la incluse nel suo catalogo nel marzo 1781. Osservando la galassia con un telescopio sui 200 mm di diametro essa appare senza una forma ben definita, presentando un nucleo molto luminoso che quasi infastidisce l’osservazione del resto del disco galattico mentre, con strumenti di maggiore apertura, quest'ultimo appare attraversato da una marcata banda oscura.


NGC 3242 è una nebulosa planetaria di magnitudine 8,6 ed estesa per 25, valori che ne permettono una comoda visione anche con modesti strumenti. Lontana 1400 anni-luce, vene scoperta dall'astronomo W. Herschel nel febbraio del 1785. E’ chiamata volgarmente “fantasma di Giove” in quanto all’osservazione telescopia il disco appare schiacciato come quello del pianeta gigante, ma è anche nota - forse più propriamente - come “nebulosa occhio”.


NGC 3109 è una galassia situata nei pressi del confine con l’adiacente costellazione della Macchina Pneumatica (Antlia). E’ una magnitudine visuale apparente di 10,4 ed è lontana “appena” 4,3 milioni di anni-luce, valore che la colloca entro il nostro gruppo locale di cui è membro effettivo, caratteristica generalmente poco nota agli amanti del cielo. Scoperta da J. Herschel nel marzo 1835, è ciò che resta di una galassia a spirale - la più piccola presente nel gruppo locale - che, a seguito di probabili interazioni mareali con la vicina “galassia nana dell’Antlia”, incontro a seguito del quale la sua struttura originaria avrebbe subito notevoli modifiche originaria; infatti, a lungo tempo venne definita come galassia irregolare, similmente alla piccola nube di Magellano. Una sua particolarità è quella di contenere un gran numero di nebulose planetarie oltre che una notevole quantità di materia oscura. (Foto: Ken Crawford)


NGC 3621, situata nella parte più meridionale della costellazione, è un’altra galassia a spirale da annoverare tra le “vicine di casa”, 22 milioni di anni luce di distanza dal sistema solare. Splendendo di magnitudine di poco inferiore alla decima grandezza ed estesa 12’ x 7’ può essere facilmente osservata in telescopi di modeste aperture, tramite i quali è possibile apprezzare la mancanza di un nucleo ben definito al posto del quale è presente una struttura centrale formata dalle braccia a spirale più strette che assumono una luminosità assai diffusa. Venne scoperta da W. Herschel nel febbraio del 1790. (Foto: Robert Gendler)


Nella parte più orientale della costellazione, nei pressi del confine con la Bilancia, è presente NGC 5694, uno dei più antichi ammassi globulari appartenenti alla Via Lattea, con un età superiore ai 12 miliardi di anni! La sua reale natura venne accertata da C. Tombaugh nel 1932, tanto da essere noto anche come “ammasso di Tombaugh”. Scoperto da W. Herschel nel 1784, esso splende di magnitudine 10,2. L’enorme distanza dal centro galattico, attorno ai 95 mila anni-luce, ne fa uno degli ammassi globulari più lontani conosciuti appartenenti alla Via Lattea, tanto da essere posizionato ben al di fuori dell’alone galattico, struttura entro la quale generalmente risiedono gli ammassi di questo tipo. E’ dotato di una elevata velocità di allontanamento che lo porterà ad allontanarsi definitivamente dall’influenza gravitazionale della nostra galassia. Secondo uno studio pubblicato negli anni ottanta questo ammasso si sarebbe originato nell'alone interno della Via Lattea e solo in un secondo momento ne sarebbe stato spinto via, probabilmente a causa dell'interazione fra la stessa Via Lattea e la Grande Nube di Magellano. (Foto: Alfred Rosenberg)


ESO 510-G13, situata non lontano da π Hydrae, nella parte orientale della costellazione, è un'altra galassia a spirale, di magnitudine 13,4 ed estesa per meno di 2’. Lontana 150 milioni di anni-luce, presenta una banda polverosa equatoriale fortemente deformata, molto probabilmente dovuta all’interazione mareale con un'altra galassia nel suo passato.


Come la precedente, anche NGC 5078 - situata subito a sud della vicina stella γ Hydrae, è una galassia a spirale in Hydra - è un galassia che presenta una banda equatoriale formata da polveri che contrasta con l’uniforme rigonfiamento della galassia. Splende di magnitudine 11,8 ed è lontana circa 94 milioni di anni-luce.


Segnalo, infine, poco a sud della stella ψ Hydrae e non lontana da γ Hydrae e dalla precedente NGC 5078, l’ultima galassia di questo lungo tour all’interno di questa enorme costellazione. Si tratta di NGC 4980, una galassia di tredicesima magnitudine e lontana 80 milioni di anni-luce che presenta un’interessante struttura asimmetrica; nelle vicinanze non vi sono galassie che avrebbero potuto indurre interazioni gravitazionali, quindi la bizzarra forma di questa anonima galassia resta ancora oggi un mistero.


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