Alti
nel cielo occidentale di prima sera in questo periodo, due dei più
importanti ammassi stellari conosciuti attraggono l’attenzione
dell'osservatore - anche inesperto - che volge la sua attenzione
verso la costellazione del Toro: si tratta delle Pleiadi e delle
Iadi. Anche se Charles Messier incluse solo il primo di questi due
ammassi nel suo famoso catalogo di oggetti celesti piu o meno
"abbordabili", le Iadi hanno sempre rivestito una
grandissima importanza in Astronomia; sono infatti note fin dai tempi
preistorici e se ne trova citazione nelle opere di autori classici:
ma, soprattutto, le stelle che per i greci erano figlie di Atlante e
sorellastre delle Pleiadi hanno rivestito una grandissima importanza
nella comprensione dei meccanismi che governano la morfologia e
l’evoluzione degli ammassi stellari del tipo “aperto”.
Principalmente perché, di tale categoria, le Iadi sono a noi quello
in assoluto più vicino. Ma andiamo per ordine.
Stando
alle stime attuali, la Via Lattea, ovvero la nostra galassia,
conterrebbe un numero spropositato di stelle, forse anche superiore a
400 miliardi di unità, disperse a grandi distanze le une dalle
altre. Tutte queste stelle non sono nate nello stesso periodo, seppur
in epoche diverse, dal gas interstellare che contiene principalmente
idrogeno ed elio. Detto questo, sarebbe stato forse quasi impossibile
riuscire a capire le proprietà e l'evoluzione delle stelle se alcune
di esse non fossero raggruppate in ammassi, proprio come le Iadi o le
Pleiadi. E il motivo è presto detto.
Tutte
le componenti di un ammasso stellare possono essere considerate come
poste
alla medesima distanza da noi osservatori. Proviamo, adesso, a
considerare due stelle appartenenti allo stesso ammasso stellare,
immaginando che una delle due sia, ad esempio, quattro volte più
luminosa dell'altra; il fatto che entrambe le stelle si trovino alla
stessa distanza assicura che la differenza di luminosità percepita
sia unicamente intrinseca e
non dovuta, cioè, al fatto che la stella meno luminosa si trova
d'una distanza superiore rispetto a quella più luminosa: studiando
quindi un ammasso, dove le stelle sono localizzate alla medesima
distanza dalla Terra, esse possono essere facilmente classificate in
base alla loro luminosità apparente che però, in questo caso,
riflette proprio quella intrinseca. Tra l’altro, un ulteriore
proprietà degli ammassi stellari è che le stelle loro appartenenti
sono nate tutte nello stesso momento e danno quindi la stessa età.
Con ogni probabilità, le nubi di gas dalle quali si formano gli
ammassi stellari aperti come le Iadi hanno composizione omogenea,
proprietà che si riflette sul contenuto chimico delle stelle che
quindi hanno tutte lo
stesso mix
di elementi; se si riuscissero a determinare con precisione le età
di molti ammassi stellari, si avrebbe un ottimo quadro di come è
cambiata la composizione del gas interstellare durante la vita della
Via Lattea: infatti, proprio come le
stratificazioni di roccia mostrano la storia geologica della Terra,
così gli ammassi stellari offrono un campionario di stelle situato
nella Galassia che
è sempre
in continua
evoluzione.
Sfortunatamente gli ammassi stellari non sono, geologicamente
parlando, “ordinati in successione” attorno a noi, ragione per la
quale è certamente non facile disporli nel giusto "ordine".
Esistono
due categorie di ammassi stellari: quelli detti “globulari”,
dalla forma più o meno sferica, sono situati in una sorta di alone
attorno al rigonfiamento galattico, anche se molti di essi penetrano
all’interno della Via Lattea; sono composti da migliaia o,
addirittura, milioni, di stelle vecchie diversi miliardi di anni, la
cui composizione chimica è generalmente priva di metalli. Al
contrario, gli ammassi composti da stelle giovani, generalmente più
piccoli e
con
un
minor numero di componenti - proprietà, questa, che conferisce loro
forme non definite - sono detti ammassi “aperti”. Al contrario
dei globulari, gli ammassi di questo ultimo
tipo
sono sparsi nel disco galattico e
non nell'alone.
In
ermini astrofisici, il
più importante esempio tra questi ultimi è sicuramente
l’ammasso
delle Iadi. Queste sono apparentemente centrate sulla luminosa stella
Aldebaran, che segna l’occhio sinistro del grande Toro celeste. Si
trovano ad una distanza di 150 anni-luce da noi, valore che
attribuisce a questo ammasso stellare
il record di essere quello più vicino; la vicinanza lo rende così
esteso da coprire ben 8° sulla volta celeste, ben 16 volte il
diametro apparente della Luna. Data la loro vicinanza, le stelle
delle Iadi appaiono ben distanziate le une dalle altre, motivo per il
quale C. Messier non classificò come un ammasso nel suo famoso
catalogo.Per
la loro vicinanza, le Iadi sono state la prima pietra sulla quale
vennero costruiti i parametri per misurare la distanza dagli ammassi
stellari ma non solo: allo stesso modo, infatti, venne dedotta anche
la distanza di galassie lontane e, alla fine, le dimensioni dello
stesso Universo. Come? La distanza di degli ammassi può essere
misurata utilizzando un metodo, quello “degli ammassi in moto”,
estremamente semplice e che si basa su considerazioni puramente
geometriche. Questo metodo si basa sul fatto che tutte le stelle
dell'ammasso si muovono più o meno con velocità uguali e
traiettorie parallele. Tutte le Iadi, infatti, si muovono rispetto al
Sole con una velocità di circa 45 km/s; i moti individuali, l'uno
rispetto all'altro, hanno velocità minori di 0,75 km/s: in altre
parole, fossero dei soldati appartenenti ad una legione, potremmo
dire che sono molto disciplinati avendo, tuttavia, una leggera
propensione ad uscire dall'inquadramento. Muovendosi parallelamente
l'una all'altra, le traiettorie delle Iadi, per puro effetto di
prospettiva, sembrano tendere verso un singolo punto, proprio come i
binari ferroviari sembrano convergere in un punto all'orizzonte o una
pioggia di meteore che proviene da un radiante. Il punto sulla volta
celeste dove il moto delle Iadi sembra apparentemente convergere si
trova non lontano dalla luminosa Betelgeuse (Alpha Orionis).
La
distanza del punto verso cui un ammasso stellare come le Iadi sembra
convergere si trova comparando il suo moto angolare con la sua vera
velocità nello spazio; il primo viene determinato varie fotografie
ad intervalli di anni e misurando le variazioni astrometriche di ogni
singola stella mentre la misurazione della vera velocità nello
spazio comporta la misurazione della componente della velocità lungo
la linea visuale (velocità radiale) che si ottiene moltiplicando la
velocità radiale per la tangente dell'angolo tra l'ammasso e il
punto di convergenza. Proprio questo metodo, fondato sul movimento
dell'ammasso, è stato applicato alle Iadi ma anche alla cosiddette
"correnti in moto" (come quella dell'Orsa Maggiore), la cui
velocità non può essere misurata con metodi diretti. Una volta
identificato il punto di convergenza delle Iadi, si può quindi
stimare con accuratezza la distanza di ogni stella dell'ammasso. Le
distanze di ammassi stellari simili sono state trovate mettendo in
relazione le stelle di un certo ammasso con i corrispettivi membri
simili presenti nelle Iadi, assumendo quindi che le stelle che hanno
le stesse proprietà, ovvero gli stessi spettri, hanno anche la
stessa luminosità intrinseca: dal confronto tra la luminosità
apparente e la luminosità intrinseca, attraverso le Iadi è
possibile stimare la distanza di qualunque ammasso stellare.
Prendendo come riferimento le Iadi, è quindi possibile estendere la
scala delle distanze astronomiche ad altri ammassi stellari nella
nostra e in altre galassie più distanti.
Le
Iadi sono anche usate come punto di riferimento per lo studio della
composizione chimica degli ammassi stellari. Gli astronomi spesso si
riferiscono agli ammassi stellari indicandoli come più o meno ricchi
di metallo (generalmente, si intendono così tutti gli elementi,
escludendo l'idrogeno e l’elio) proprio rispetto alle Iadi. Ciò
perché, essendo molto vicine e quindi molto luminose, tali stelle
sono state studiate a fondo dal punto di vista dell'evoluzione
stellare. Le Iadi furono uno dei primi due ammassi stellari ad essere
studiato dall’astronomo E. Hertzsprung all'inizio del secolo
scorso; egli, infatti, si accorse che per le stelle in un ammasso
esistevano solo determinate combinazioni di luminosità e colore,
proprietà di tutte le stelle. L’altro ammasso stellare oggetto del
suo studio fu quello delle altrettanto vicine Pleiadi. L’astronomo
danese rifletté sul fatto che tra queste non figuravano stelle rosse
di una certa luminosità mentre le Iadi ne contenevano quattro; il
motivo, tuttavia, fu presto evidente. Le Iadi sono almeno dieci volte
più vecchie delle Pleiadi, tanto che alcune delle stelle hanno
esaurito il loro idrogeno, bruciando adesso l’elio: in termini
evolutivi, queste sono hanno già abbandonato la “sequenza
principale” del diagramma HR. In aggiunta, poiché nelle Iadi sono
state reperite almeno sei nane bianche, gli astronomi deducono che
alcune delle stelle di questo ammasso hanno completamente esaurito il
loro combustibile nucleare.
La
maggior parte degli ammassi stellari del tipo “aperto” si
sfaldano in meno di 50 milioni di anni dopo la fase di formazione
stellare, processo noto come "evaporazione". Solo quelli
formati da stelle estremamente massicce e che orbitano lontano dal
centro galattico possono evitare tale sfaldamento in tempi
prolungati. Stando a ciò, molto probabilmente le Iadi contenevano
una popolazione di stelle assai maggiore quando l’ammasso era molto
giovane; stime sulla massa originaria delle Iadi la determinano tra
800 e 1600 volte la massa del Sole, il che implica la passata
presenza di un gran numero di stelle. Teoricamente, un giovane gruppo
di queste dimensioni dovrebbe dare vita a stelle e oggetti
substellari di tutti i tipi spettrali, da massicce stelle di tipo O
fino a fredde nane brune. Tuttavia, studi compiuti sulle Iadi
dimostrano che in tale ammasso non esistano stelle ne dell’uno ne
dell’altro tipo tra quelle situati agli estremi limiti di massa.
Avendo un’età di 625 milioni di anni, il turn-off della sequenza
principale delle Iadi è di circa 2,3 masse solari: in altre parole,
tutte le stelle più pesanti si sono già evolute in subgiganti,
giganti o nane bianche mentre quelle meno massicce continuano
tutt’ora la fusione dell'idrogeno.
Ma
quali stelle popolano le Iadi? Specifichiamo, innanzitutto, che la
luminosa Aldebaran è solo prospetticamente stagliata sulle Iadi;
distando infatti "solo" 65 anni luce, chiaramente non ne è
membro. Detto questo, nel cuore dell'ammasso sono state rilevate in
tutto 8 nane bianche, ovvero il prodotto finale di stelle dei primi
tipi spettrali ciascuna con massa circa 3 volte quella solare. Lo
stadio evolutivo precedente è invece rappresentato dalla presenza di
quattro giganti rosse di tipo spettrale K0 con massa circa 2,5 volte
quella del Sole. Una gigante bianca di tipo A7 è la componente
primaria del sistema binario θ² Tau, che include un compagna meno
massiccio ma sempre di tipo spettrale A; questa coppia è associata a
θ¹ Tau, una delle quattro giganti rosse di cui sopra e che possiede
un compagna stretta di tipo A. Tra i membri restanti dell’ammasso
sono comprese numerose stelle luminose di tipo spettrale A (almeno
21), F (circa 60) e G (circa 50); tutte queste stelle sono
concentrate più densamente all'interno il raggio gravitazionale
delle Iadi, che equivale a circa 32,6 anni-luce. In confronto, entro
un raggio di 32,6 anni-luce dal Sole sono presenti solo 4 stelle di
tipo A, 6 di tipo F e 21 di tipo G. Nonostante la vicinanza
dell’ammasso e i numerosi studi compiuti su di esso, il grande
corteo di stelle di massa inferiore che lo popolano - principalmente
tipo spettrale K e M - rimane poco conosciuto; almeno una cinquantina
sono nane di tipo K mentre il numero delle nane rosse di tipo M
dovrebbe eccedere di poco la dozzina, poche delle quali sono oltre il
tipo spettrale M3. Una dozzina risultano essere anche le nane brune
finora rilevate. Tale carenza nella parte inferiore del range di
massa contrasta fortemente con la distribuzione di stelle entro 32
anni-luce dal Sole, dove giacciono almeno 240 nane rosse di tipo M,
ovvero il 76 % di tutte le stelle presenti nel vicinato solare.
La
distribuzione dei tipi stellari nelle Iadi mostra chiaramente una
sorta di segregazione delle componenti. Infatti, con la sola
eccezione delle nane bianche, entro 6,5 anni-luce dal centro
dell’ammasso sono presenti solo sistemi stellari dalla massa
superiore a quella solare. Tale concentrazione di stelle pesanti
conferisce alle Iadi la complessa struttura osservata anche ad occhio
nudo, con un nucleo definito da luminosi sistemi stellari ravvicinati
e una sorta di alone costituito, al contrario, da stelle ampiamente
separate tra loro, moltissime delle quali appartenenti ai tardi
spettrali. Il raggio della regione centrale delle Iadi è di 8,8
anni-luce (poco maggiore della distanza tra il Sole e Sirio) mentre
il raggio entro il quale è concentrata metà della massa totale
dell’ammasso è di 18,6 anni-luce; infine, il raggio
gravitazionale, equivalente a ben 32,6 anni-luce, rappresenta il
limite esterno al di la del quale ogni oggetto non è più legato
alle Iadi. Lo sfaldamento avviene nell'alone, laddove stelle piccole
sono proiettate verso lo spazio esterno da coinquilini molto più
massicci; dall’alone, queste possono quindi essere perse a causa di
forze mareali esercitate dal nucleo galattico o dalla collisione con
nubi di idrogeno alla deriva: in tal modo, le Iadi hanno
probabilmente perso gran parte della loro popolazione di nane di tipo
M originaria, assieme a un numero considerevole di altre componenti
luminose.
Un
altro risultato della segregazione di massa è la presenza di sistemi
binari nel nucleo delle Iadi; infatti, più di metà delle stelle di
tipo F e G conosciute appartengono proprio a sistemi binari situati
nella regione centrale. Come nel vicinato solare, la natura binaria
aumenta proporzionalmente all’aumentare della massa. La frazione di
sistemi binari nelle Iadi aumenta dal 26% tra stelle di tipo K fino
87% tra stelle di tipo A. I sistemi binari presenti nelle Iadi
tendono ad avere piccole separazioni, con la maggior parte di tali
coppie disposte su orbite comuni con semiasse maggiore inferiore a 50
Unità Astronomiche. Sebbene l'esatto rapporto tra membri singoli e
multipli rimane incerto, esso ha notevoli implicazioni nella
comprensione della popolazione dell’ammasso: alcuni, ad esempio,
indicano in circa 200 il numero di componenti delle Iadi ma se la
frazione composta da sistemi binari è del 50%, allora la popolazione
totale dell’ammasso salirebbe ad almeno 300 singole stelle.
Alcune
ricerche indicherebbero che il 90 % degli ammassi aperti si sfalda in
meno di 1 miliardo di anni dopo la formazione mentre solo una piccola
frazione sopravvive per tempi molto più lunghi. Nel corso dei
prossimi milioni di anni le Iadi continueranno a perdere
contemporaneamente sia la massa totale che i membri di appartenenza
dal momento in cui i suoi membri più luminosi evolveranno al di
fuori della sequenza principale e le sue stelle più deboli si
allontaneranno dall’ammasso. Molto probabilmente, tra qualche
migliaio d'anni, le Iadi rimaste saranno solo una dozzina, la maggior
parte delle quali saranno sistemi binari o multipli, che in ogni caso
rimarranno vulnerabili alle forze dissipative incontrate lungo la
loro orbita attorno al nucleo galattico.Allorché
volgerete lo sguardo verso il grande Toro celeste pronto a scagliarsi
con tutta la sua forza contro il cacciatore Orione, osservate pure
l'abbagliante luce giallo arancione della stella che ne segna
l'occhio, Aldebaran, ma non dimenticate di contemplare le Iadi e la
grande mole di informazioni date da quelle stelle che ne segnano il
muso, a noi così vicine al punto da mostrare la loro bellissima ma
effimera coesione anche al solo occhio nudo.
(Foto / Picture by Alson Wong)
High
in the western sky on early Autumn's evenings, two of the most important known star
clusters attract the stargazer’s attention - even the inexperienced
one - that hit attention turns to the constellation Taurus: this is
the Pleiades and the Hyades. Although Charles Messier included only
the first one of these two clusters in his famous catalog of
celestial objects, the Hyades have always played a great importance
in Astronomy. They have been known since prehistoric times and have
been mentioned in the works of classical authors; but, above all,
those stars that for the Greeks were the daughters of Atlas and
half-sisters of the Pleiades have played a great importance in
understanding the mechanisms that govern the morphology and evolution
those type of star clusters called "open". Mainly because,
of such a category, the Hyades are closest one. But let’s have a
deeper look.
According
to current estimates, the Milky Way, or our galaxy, contains a
disproportionate number of stars, perhaps even more than 400 billion
units, scattered at great distances from each other. All these stars
were not born in the same period but at different times, each of them
by the interstellar gas containing primarily hydrogen and helium.
That said, it might have been almost impossible to understand the
properties and evolution of stars if some of them were not grouped in
clusters, just as the Hyades and the Pleiades. And the reason is
obvious.
All
the components of a star cluster can be considered to be at the same
distance from us as observers. Let us now consider two stars in the
same star cluster, figuring that one of them is, for example, four
times more bright than the other one; the fact that both the stars
are the same distance ensures that the difference in perceived
brightness is only intrinsic and not due to the fact that the star is
less bright for a distance greater than the brightest: studying then
a star cluster, where the components are thus localized at the same
distance from Earth, they can easily be classified according to their
apparent brightness which, however, in this case, reflects exactly
the intrinsic one. Among other things, a further property of a star
cluster is that the stars belonging to it were all born at the same
time and so they have the same age. It is likely that the gas clouds
from which open star cluster as the Hyades are formed have
homogeneous composition, a property which is reflected in the
chemical content of the stars so that all have the same mixture of
elements; if you were able to accurately determine the age of many
star clusters, you would have a good picture of how it has changed
the composition of the interstellar gas over the life of the Milky
Way: in fact, just as a series of layers of rock show the geological
history of earth, so the star clusters provide a sample of stars
located in the galaxy evolution. Unfortunately star clusters are not,
geologically speaking, "ranked in succession" around us,
the reason for which is, in any case, certainly not easy to arrange
them in the right order.
There
are two types of star clusters: those known as "globular",
with a more or less spherical shape, are set in a sort of halo around
the galactic bulge, although many of them penetrate the Milky Way’s
disc; they are composed of thousands, or even millions, of stars
several billion years old, whose chemical composition is, generally,
very poor of metals. On the contrary, open clusters are composed by
young stars; they are generally smaller, having a smaller number of
components - property which gives them not well defined shapes –
the reason why they are called as "open". In contrast to
the globular clusters, they are scattered in the galactic disk. The
most important example of the latter type is precisely the Hyades
cluster. As seen from Earth, they are apparently centered on the
bright star Aldebaran, which marks the left eye of the great bull of
the heavens. They are actually located at a distance of 150
light-years from us, the value it attaches to this cluster the record
of being the closest; proximity makes it so extended as to cover as
many as 8° on the sky, 16 times the apparent diameter of the Moon!
Given their proximity, the stars of the Hyades are well spaced from
each other, which is why Charles Messier did not classify as a
cluster like many others in his famous catalog.
Because
of their proximity, the Hyades were the foundation stone on which
were built the parameters to measure the distance from the star
clusters, but not only that: the one of external galaxies too and, at
the end, the size of the universe itself. In fact, the distance of
the clusters can be measured using a method that is called "clusters
in motion", extremely simple and which is based on purely
geometrical considerations. This method relies on the fact that all
the stars move more or less with equal speed and parallel
trajectories. All Hyades, in fact, move from the Sun with a speed of
about 45 km / s; the individual motions, relative to one another,
have lower speed of 0.75 km/s: in other words, if they were soldiers
belonging to a legion, we could say that they are very disciplined
having, however, a slight propensity to drift away. Moving parallel
to each other, the trajectories of the Hyades, for pure effect of
perspective, seem to tend towards a single point, just like the
railroad tracks appear to converge at a point on the horizon or a
meteor shower that comes from a celestial radiant . The point on the
celestial sphere where the motion of the Hyades is apparently
converge is located not far from the bright star Betelgeuse (Alpha
Orionis).
The
distance of the point at which a star cluster like the Hyades seems
to converge is comparing its angular velocity with its real speed
into space; the first one is determined by several photographs at
intervals of years and measuring astrometric changes of every single
star while the measurement of the true speed in space involves the
measurement of the velocity component along the line of sight (radial
velocity) that is obtained by multiplying the radial velocity for the
tangent of the angle between the cluster and the point of
convergence. Such a method, based on the motion of the cluster, was
applied to the Hyades but also to the so-called moving clusters such
as the Ursa Major one, whose speed can not be measured by direct
methods. Once the point of convergence of the Hyades was identified,
the distance of each star of the cluster have been estimated. The
distances of star clusters like this one are found by comparing the
stars in a cluster with the corresponding similar members present in
the Hyades, thus assuming that the stars that have the same
properties or the same spectra, they also have the same intrinsic
brightness: by comparing the apparent brightness and luminosity,
through the Hyades it is so possible to estimate the distance of any
star cluster! Taking as reference the Hyades, it is possible to
extend the scale of astronomical distances to other star clusters in
our galaxy and in other more distant.
The
Hyades are also used as a point of reference for the study of the
chemical composition of star clusters. Astronomers often refer to
such
clusters by highlighting them as more or less rich in metal (a
term usually
meant
as
the whole elements
but
hydrogen
and helium) than the Hyades themselves.
This is because these stars, being very close and so very bright,
have been thoroughly investigated for
understanding stellar
evolution. The Hyades were one of the first two star clusters to be
studied by the astronomer E. Hertzsprung at the beginning of the last
century; indeed, he realized that for the stars in a cluster, there
were only certain combinations of brightness and color properties of
all stars. The other star cluster object of his study were
the
Plejades, even close;
the
Danish astronomer noticed
that
red stars of a certain brightness were
not present among these stars while
the Hyades contained four; the reason, however, became
evident soon:
the
Hyades are at least ten times older than the Pleiades, so much so
that some of the stars have exhausted their hydrogen while
burning
helium at
present time:
in evolutionary terms, these stars
have already
abandoned the "main sequence" of the HR diagram. In
addition, as in the Hyades were found at least six white dwarfs,
astronomers deduce
that some of the stars of this cluster have completely exhausted
their nuclear fuel.
Most
of open
star
clusters flake off in less than 50 million years after their
formation,
a process known as "evaporation". Only those cluster
formed
from extremely massive stars that orbit far from the galactic center
can avoid this disintegration in a long time. According to that, it
is likely
that
the
Hyades contained
a much
greater number
of stars when
they
were very
young; some
estimates
of the original mass give
a result
between 800 and 1600 times the mass of the Sun, which leads
to a large
number of stars in
the past.
Theoretically, a young group of this size should give birth to stars
and substellar objects of all spectral types, from massive O-type
stars to cool brown dwarfs. However, studies on the Hyades show that
there are no stars in this cluster of neither the
opposite sizes of mass.
Given
the Hyades an
estimated
age
of 625 million years, the turn-off of the main sequence is about 2.3
solar masses: in other words, all the heavier stars have already
evolved subgiants, giants or white dwarfs while less massive still
continue the fusion of hydrogen.But
which stars populate the Hyades? We must
specify,
first, that the bright Aldebaran is only prospectively silhouetted on
the Hyades; it
is distant "only"
65 years light, clearly not a member. That said, in the heart of
cluster
were
detected an
amount of eight
white dwarfs, which is the end product of the first stars of spectral
types each with a mass about 3 times that of the Sun.
The previous evolutionary stage is represented by four red giants of
spectral type K0 with a mass about 2.5 Sun
masses.
A giant white type A7 is the primary component of the binary system
known
as θ²
Tau, which includes a less massive companion but always of spectral
type A; this pair is associated with θ¹
Tau, one of the four red giants above and who has a close companion
of type A. Among the remaining members of storage includes several
bright stars of spectral type A (at least 21), F (about 60) and G
(about 50); all these stars are most densely concentrated within the
gravitational radius of the Hyades, which is equivalent to
approximately 32.6 light-years. In comparison, within a radius 32.6
light-years from the Sun are only 4 stars of type A, 6 F-type and 21
G-type. Despite the cluster's
proximity
and numerous studies on it, the great procession of stars with mass
less that populate it - mainly spectral type K and M - is little
known; at least, fifty dwarfs are type K and the number of M-type red
dwarfs go beyond just the dozen, a few of which are beyond the
spectral type M3. A dozen turn out to be even brown dwarfs found so
far. This deficiency in the lower mass range contrasts sharply with
the distribution of stars on within 32 light-years from the Sun,
where they lie at least 240 M-type red dwarf, or 76% of all the stars
in the solar neighborhood.
The
distribution of stellar types in the Hyades clearly shows a kind of
segregation of the components. In fact, with the exception of white
dwarfs within 6.5 years-light from the cluster's
center are just star
systems more
massive
than the Sun.
This concentration of heavy stars gives the Hyades the complex
structure observed with the naked eye, with a core defined by bright
star systems close together and a sort of halo constituted, on the
contrary, by stars widely separated from each other, many of which
belong to late spectral types.
The radius of the central region of the Hyades is 8.8 light-years
(slightly greater than the distance between the Sun and Sirius) and
the radius within which is concentrated half of the total mass of the
cluster is 18.6 light-years; Finally, the gravitational radius,
equivalent to 32.6 light-years
is the outer limit beyond which every object is no longer linked to
the Hyades. The breakup occurs in the halo, where small stars are
projected to outer space by roommates much more massive; they may be
lost by
the halo due
to tidal forces exerted by the
Galaxy itself or
by collision with hydrogen clouds adrift. By
this
way, the Hyades are likely to have lost much of their population of
dwarf M-type original with to a considerable number of other light
components.Another
result of mass segregation is the presence of binary systems in the
core of the Hyades; in
fact, more than half of the F and G-type stars known belong to
binary systems located in the central region. As in the solar
neighborhood, the binary nature increases proportionally with
increasing mass. The fraction
of
binary systems in the Hyades increases by 26% between K.type
stars
until 87% between those
A-type.
The binary systems present in the Hyades tend to have small
separations, with most of these pairs arranged on orbits with a
common axle shaft greater than 50 Astronomical Units. Although the
exact relationship between individual members and multiple remains
uncertain, it has important implications in the understanding of the
cluster's
population:
some, for example, indicate the number of about 200 members of the
Hyades but if the fraction is made up
of binary systems 50%, then the total population of storage would
rise to at least 300 individual stars.
Some
researches indicate that 90% of open clusters dissolve
in less than 1 billion years after the formation and
only
a small fraction survives for much longer. Over the next few million
years the Hyades will continue to lose at the same time both
the
total mass and
the
belonging stars
as the brighter
members will
evolve
outside of the main sequence and its fainter stars will fall away
from storage. Most likely, between a few thousand years, the Hyades
will be remained only a dozen, most of which will be binary or
multiple systems, which, in any case, will remain vulnerable to
dissipative forces encountered along their orbit around the galactic
core.
When
you look to the great celestial bull, ready to lash out with all his
strength against Orion the hunter, admire
the
dazzling light yellow-orange star that marks its
eye,
Aldebaran, but do not forget to contemplate the Hyades and large
amount of information given to
us by
those stars that mark the bull's
head, so
close to show their beautiful but short-lived cohesion even the naked
eye.
Nessun commento:
Posta un commento