L’orizzonte è, per definizione, quella linea che limita la
visuale e lungo la quale sembra la Terra sembra toccare la volta celeste. In
realtà, "orizzonte" è una parola dal significato ben più vasto e
profondo; in tal senso, ho personalmente e sempre inteso l’orizzonte come un
vero e proprio muro che limita la visione del proprio universo, quasi come un
limite alla propria curiosità e al desiderio di vedere “oltre”. In Astronomia,
ad esempio, vi è “l’orizzonte degli eventi”, ma anche “l’orizzonte
cosmologico”, così come il “tempo di Planck” che, pur chiamato in modo
differente, è a tutti gli effetti un orizzonte oltre il quale, al momento, non
riusciamo a vedere nulla: concetti, questi, certamente di non facile approccio visto
che riguardano il macro e il micro cosmo. Infine, vi è l’orizzonte astronomico:
sicuramente quello col quale possiamo confrontarci, per esperienza diretta,
utilizzando i nostri occhi.
Osservando con attenzione il movimento degli astri nel corso
delle stagioni non è difficile notare che alcune stelle – così come le
costellazioni loro annesse - nel momento del transito al meridiano si rendono
visibili per pochissimo tempo, salendo appena al di sopra dell’orizzonte
meridionale: fatto, questo, esclusivamente indotto dalla latitudine del luogo
di osservazione. Eppure, quelle stelle così poco appariscenti hanno sempre
suscitato grande interesse nel sottoscritto, quasi venissero a dire “vieni a
cercarci ma sappi che, seppur così basse, anche noi abbiamo molto da dire…siamo
parte di costellazioni che si rendono solo in parte visibili dal luogo dal
quale contempli la volta celeste…soprattutto, siamo parte dell'emisfero celeste
australe”. La fantasia, certamente, non ha limiti. :)
Ebbene, proprio in questi serate di Novembre, potessimo
osservare l’orizzonte meridionale verso la mezzanotte al di sotto di un cielo
molto terso, noteremmo una stella bassissima su di esso, dal colore oro e assai
tremolante a causa delle vibrazioni indotte dagli strati della nostra atmosfera
in moto lungo la direzione del suo raggio di luce. Riuscire ad individuarla è
senz’altro indice dell’assoluta ottima qualità del cielo; da Trieste, i luogo
da cui osservo il cielo, questa stella transita a soli due gradi e mezzo al di
sopra dell’orizzonte, compiendo un piccolo arco durante il quale si rende
visibile per meno di due ore!
Si tratta di Ankaa (α Phoenicis), la stella più luminosa
della costellazione australe della Fenice. Questa non è certamente una costellazione antica come
molte tra quelle più note; la Fenice venne infatti introdotta dai navigatori
danesi Pieter Dirkszoon Keyser e Frederick de Houtman e ripresa,
successivamente, da Johann Bayer che la inserì nella sua opera “Uranometria”,
edita del 1603. Il suo curioso nome proprio deriva dall’arabo النائر الزورق , traslitterato in al-' anqā’, “la
fenice", anche se durante il medioevo essa veniva anche chiamata “Nair
al-Zaurak”, nome anch’esso di chiara derivazione araba, significante “la
luminosa (stella) della barca… figura evidentemente derivata da altre
interpretazioni delle stelle situate in quell’area, forse in relazione
all’attigua costellazione di Eridano, il fiume celeste.
Splendendo di magnitudine apparente 2,37, Ankaa si pone al
79° posto tra le stelle più luminose visibili nel cielo; potessimo osservarla
alta allo zenith, stando nell’emisfero australe, ci accorgeremmo però che la
sua la sua presenza nel cielo sarebbe quasi “eclissata” dalla presenza di due
astri di prima grandezza vicini ad essa: Achernar (α Eridani) e Fomalhaut (α
Piscis Australis).
Tuttavia, la sua luminosità apparente è combinata in quanto
essa è in realtà composta da due componenti che orbitano l’una attorno
all'altra in poco più di 10 anni; della compagna, tuttavia, si sa ben poco. La
temperatura della componente principale, equivalente a 4800 K, è più bassa di
quella solare, ragione per la quale la stella appare dalla caratteristica
colorazione dorata; il sistema spettrale, K0.5 IIIb corrisponde allo spettro di
una stella gigante dalla massa 2,5 volte quella solare, quindi di bassa
luminosità assoluta. Precise misure di parallasse indicano che il sistema di
Ankaa è lontano 85 anni-luce; in relazione a questo dato, il diametro angolare
della componente primaria, ottenuto tramite tecniche interferometriche,
stabilisce un valore di 5,25 ± 0,06 millesimi di secondo d’arco: il che
equivale ad un raggio circa 15 volte quello del Sole, valore che rientra nella
media come per molte altre stelle visibili nel cielo notturno.
Rispetto al Sole, la componente principale di Ankaa si trova
in uno stadio evolutivo avanzato in quanto nel suo nucleo è già in corso la
fusione di elio in carbonio ed ossigeno; molto probabilmente, nel giro di
qualche milione di anni, la stella inizierà a rilasciare nello spazio i suoi strati
gassosi esterni che formeranno quindi una nebulosa planetaria, lasciando infine
visibile solo il nucleo che, nel frattempo si sarà trasformato in una piccola
ma densa nana bianca.
Certamente, non è facile scorgere o individuare questa
stella ed altre così basse come essa; ma è tuttavia interessante sapere che
quel raggio di luce, seppur debole, che sembra quasi sfidare l'atmosfera tanto
da venirne pesantemente indebolito in potenza, ha molto da raccontare sul
sistema dal quale proviene, parte di quel cielo australe purtroppo a noi
precluso.
The horizon
is, by definition, that line that limits the view and along which it seems that
the Earth and the sky are touching each one another. In fact,
"horizon" is a word meaning far broader and deeper; in this sense, I
personally always realized it as a real wall that limits the vision of one’s
own universe: in other words, the limit to one’s own curiosity. In Astronomy,
for instance, there is the so-called “events horizon”, even the “cosmological
horizon” and the “Planck time” as well…the last one, although named
differently, is actually a real horizon beyond which, at present time, we
cannot "see" nothing: all concepts, of course, not easy to approach
as they relate to both the macro and micro-cosmos. Finally, there is the
astronomical horizon: surely the one with which we can deal with, from
experience, using our own eyes.
By
carefully observing the movement of the stars in the course of the seasons it
is not difficult to see that some stars - and the relative constellations them
“attached” - at the time of the meridian transit, they appear for a very short
time, briefly, rising to just above the southern horizon: in fact, this is
exclusively induced by the latitude of the observing place. Yet, those stars so
little visible have always aroused a really great interest in myself, almost
they were saying "come to search for us but be conscious that, even so
low, we too have a lot to say; we are part of constellations that are only
partially visible from the place by which you contemplate the heavens and, primary,
we are part of the celestial southern hemisphere that you so much love. ".
Fantasy is limitless indeed :)
Well, in
these November nights, if we could observe the southern horizon at midnight
under a crystal clear sky, we would notice a star low on the horizon, with a
gold color and very shaky because of the vibrations induced by the layers of
our atmosphere moving along the direction of its beam of light. Being able to
locate it, it is certainly index of the absolute good quality of the sky; from
Trieste, my own town, this star passes only two and a half degrees above the
southern horizon, making a small arc during which becomes visible for less than
two hours!
This star
is Ankaa (α Phoenicis),
the brightest one in the southern constellation Phoenix. It is certainly not an
ancient constellation since it was in fact introduced by Danish explorers
Dirkszoon Pieter Keyser and Frederick de Houtman; later, it was resumed by
Johann Bayer who inserted it in his work "Uranometria", published in
1603. Its curious name derives from the Arabic النائر الزورق, transliterated in “al- 'anqā'”, "the
phoenix", although during the Middle Ages it was also called by the Arabs
as well as “Nair al-Zaurak”, a name also clearly meaning "the bright
(star) of the boat”...a figure evidently derived from other interpretations of
the stars located in that area, possibly related the adjoining constellation
Eridanus, the celestial river.
Shining of
apparent magnitude 2.37, Ankaa is the 79th among the brightest stars visible in
the night sky; if we could observe it high at the zenith being somewhere in the
southern hemisphere, we would realize, however, that its presence in the sky
would be almost "eclipsed" by two first magnitude stars very close to
it: Achernar (α
Eridani) and Fomalhaut (α
Piscis Australis).
However,
its apparent brightness is actually combined since it is composed of two
different components that orbit around each other in a little over 10 years;
the companion, however, is little known. Regarding the primary, its surface
temperature, equivalent to 4800 K, is lower than the solar one, the reason why
the star appears by its characteristic golden color; the spectral type K0.5
IIIb corresponds to a giant star but only 2.5 times the Sun mass of low
absolute brightness. Precise parallax measurements indicate that the system of
Ankaa is 85 years-light far off; relating to such data, the angular diameter of
the primary component, obtained by interferometric techniques, establishes a
value of 5.25 ± 0.06 milliseconds of arc which is equivalent to a radius about
15 times that of the Sun, value which falls into the media as for many other
stars visible in the night sky.
Compared to
the Sun, Ankaa is at an advanced stage of development since in its core helium
is already burning; most likely, in a few million years, the star will start to
leave in its surrounding space its outer gaseous layers that will then form a
planetary nebula, leaving visible only the core that, finally in the meantime,
it will be transformed into a small but dense white dwarf.
Certainly,
it is not easy to see or locate this star and others such low on the horizon
like it; but it is nevertheless a great achievement to know that its weak beam
of light, which seems to defy the atmosphere much to come heavily weakened in
power, has much to say on the system from which it comes, part of that southern
sky to us unfortunately precluded.
Nessun commento:
Posta un commento