domenica 11 marzo 2018

VELA JUNIOR, IL RESTO DI SUPERNOVA PIU' VICINO AL SISTEMA SOLARE

Uno dei più violenti fenomeni che si verificano nell'Universo sono le cosiddette supernovae (SN), immani esplosioni di stelle a seguito delle quali vengono rilasciate energie talmente elevate, specie nella fase di massimo, da essere paragonabili a quella emessa da tutte le stelle di un'intera galassia!


La supernova 2016bau, esplosa nella galassia NGC3631 (Image credit: Sloan Digital Sky Survey e Tom Wildoner)

La produzione di tali cataclismi è indotta essenzialmente da due fenomeni:

  • l'esplosione di massicce stelle supergiganti a seguito del repentino collasso gravitazionale cui vanno soggette dopo aver esaurito i cicli di fusioni nucleari nel proprio nucleo, atte a produrre quell'energia che, sotto forma di pressione di radiazione, le aiuta a sostenere il loro stesso peso: tali oggetti sono chiamati supernovae di tipo II, nel caso ad esplodere sia una singola stella, o supernova di tipo Ib/Ic, nel caso si tratti di un sistema binario di stelle
  • l'esplosione di una nana bianca posta in orbita attorno ad una gigantesca stella evoluta ma poco densa, che versa materiale gassoso sulla piccola stella, portandone la massa a superare il limite critico (limite di Chandrasekar) di 1,4 masse solari (2,765x10^30 kg) che innesca l'esplosione: tale oggetto è noto come supernova di tipo Ia.

Ad oggi, sono noti poco più di 200 resti di questi cataclismi cosmici all'interno della parte visibile della nostra galassia, la Via Lattea: questi si presentano come nubi e filamenti di gas che si espandono nelle oscurità del Cosmo ad altissime velocità. Il più noto è la cosiddetta "nebulosa del granchio" (M1), situata nella costellazione del Toro, che ebbe origine dalla fine violenta di una stella distante circa 6.500 anni luce, registrata dai cinesi nell'anno 1054; l'ultima supernova registrata nella Via Lattea fu quella del 1609, osservata anche dall'astronomo tedesco Keplero: nei quattro secoli passati da quell'evento, nessun'altra supernova è apparsa nella nostra Galassia. Tenendo conto dell'enorme numero di stelle in essa contenute (almeno 1.000 miliardi) e del fatto che nelle galassie a spirale, come la nostra, le esplosioni di stelle sono fenomeni alquanto comuni, la cosa è certamente strana!

Un altro famoso resto di supernova è la cosiddetta "nebulosa delle Vele", presente nella costellazione australe delle Vele, formatosi a seguito di una esplosione stellare avvenuta circa 11-12 mila anni fa; lontana circa 800 anni luce, essa si staglia proprio sulla parte centrale di un altro enorme resto di supernova, posto a circa 1.500 anni luce e noto come "nebulosa di Gum", prodotta anche questa da una supernova ma ben più antica, esplosa alcuni milioni di anni fa.


Nella costellazione delle Vele si sovrappongono due resti di supernova: la "nebulosa di Gum", al centro, in azzurro, e la "nebulosa delle Vele", in rosso (Image credit: Marco Lorenzi)

Ebbene, nella stessa regione di cielo delle Vele dove sono situati i due resti nebulari appena citati, nel 1998 il satellite a raggi X ROSAT individuò un nuovo resto nebulare dalla forma circolare e dalle dimensioni angolari pari a ben quattro volte quelle della Luna piena; da li a poco, il sistema di rilevamento Imaging Compton Telescope (COMPEL) rilevò una particolare linea spettrale caratteristica dell'emissione gamma dovuta al decadimento dell'isotopo del titanio 44Ti, secondo caso di questo tipo dopo quello rilevato nel resto di supernova Cassiopeia AIl nuovo sistema nebulare delle Vele, fino ad allora sconosciuto perché, sostanzialmente, quasi del tutto invisibile nell'ottico, appariva infatti solo nelle riprese a lunghezze d'onda X con un'energia superiore a 1,3 keV; ad energie più basse, la sua emissione svaniva in quella molto più intensa ed estesa del resto delle Vele, sul cui bordo orientale si trova localizzato.

In queste immagini riprese nei raggi X e gamma, tutte nella stessa scala, "Vela Junior" è la nebulosa circolare in basso a sx, stagliata proprio sul bordo della "nebulosa delle Vele"; a dx, la sorgente nota come Vela X (Image credit: ROSAT, H.E.S.S.)

All'analisi spettrale, la temperatura di questi gas si dimostrò superiore a 30 milioni di gradi, particolarità indotta dal decadimento dell'isotopo del titanio 44Ti ivi rilevato; tale dato, incrociato con la morfologia circolare della nebulosa, tolse quindi ogni eventuale dubbio circa la natura di resto di supernova. Poiché i gas componenti tale struttura evidenziavano una elevatissima velocità di moto nello spazio, compresa tra 1.500 e 2.000 chilometri al secondo, ciò era indice della relativa giovinezza di tale resto: si stimò, infatti, che la violentissima esplosione possa aver avuto luogo meno di 1.500 anni fa, indicativamente attorno all'anno 1250. Stimandone la distanza in "soli" 600 anni luce, questo nuovo apparato nebulare divenne il resto di supernova più vicino al Sistema Solare: denominato RX J0852.0 4622 o G266.2−1.2, ad esso venne attribuito il nomignolo di "Vela Junior".


"Vela Junior" appare appena visibile in questa immagine, stagliato al di sopra del luminoso filamento appartenente alla "nebulosa delle Vele" 

Tenendo conto che un'esplosione di supernova a così breve distanza avrebbe di gran lunga superato in luminosità tutte le altre stelle e i pianeti presenti nella notte nonché essersi resa visibile forse anche in pieno giorno, è certamente strano che negli annali astronomici dell'epoca non risulti traccia alcuna di tale evento! Una spiegazione della mancata osservazione del fenomeno è che nubi di gas e polveri interstellari potrebbero aver assorbito la luce emessa dall'immane esplosione; o, più semplicemente, essendo apparsa in una costellazione meridionale, a -46° di declinazione, essa si teneva troppo bassa sull'orizzonte esplorabile dagli astronomi più attivi in epoca medioevale quali quelli orientali.

Cosa alquanto strana, l'assenza di una stella di neutroni all'interno del residuo nebulare; data la sua "giovane" età, questa avrebbe dovuto essere rilevabile per lo meno come una intensa sorgente di emissione termica ma ad oggi nulla di simile è stato rilevato. 

Poco prima di essere dimesso, precisamente nel 2001, il satellite ASCA (Advanced Satellite for Cosmology and Astrophysics) e, successivamente Chandra, rilevarono al centro di Vela Junior un oggetto compatto, una sorgente denominata AX J0851.9-46174 che poteva essere quanto rimaneva della stella che aveva dato luogo alla supernova: questo però splendeva di luminosità costante e non evidenziava alcuna controparte ne ottica ne radio: forse, la stella degenere era li annidata ma il suo fascio ottico e radio non era più orientato in direzione del nostro pianeta? In effetti, questo oggetto non presentava le classiche pulsazioni che contraddistinguono tali "zombie" stellari.

Ad ogni modo, in successive ricerche condotte nel 2015 su dati ottenuti al radiotelescopio di Parkes, in Australia, vennero individuate due pulsar, stagliate apparentemente all'interno del bordo di Vela Junior; secondo alcuni autori, quella denominata PSR J0855-4644, dal periodo pari a 65 millisecondi, potrebbe essere il resto della stella che ha dato vita alla nebulosa ma non si spiega il fatto di trovarsi fortemente decentrata rispetto al centro geometrico della nebulosa, prettamente circolare.



La posizione decentrata della pulsar PSR J0855-4644 rispetto al centro geometrico di Vela Junior, qui ripresa nei raggi X


Alcuni studi che hanno rielaborato l'abbondanza dell'isotopo 44Ti, hanno "allungato" l'età del residuo di supernova a 10 mila anni e la distanza dello stesso entro un range compreso tra 3 e 6 mila anni luce, senza porre comunque alcunché di definitivo su questo oggetto. 

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