L’osservatore
- o, se vogliamo, lo “stagazer” - che nelle serate autunnali
volge lo sguardo al settore orientale del cielo noterà facilmente la
presenza di cinque luminose stelle di seconda grandezza disposte a
formare una lunga scia, ampia oltre 60°, che partendo dalle stelle
di Pegaso e lungo quelle di Andromeda va idealmente ad agganciare il
settore propriamente “autunnale” della Via Lattea, trascinandola
quasi verso lo zenith. A fare da uncino è proprio l’ultimo di
questi cinque fari cosmici, situato proprio al di sotto
dell’appariscente W di Cassiopea, immerso in uno dei settori più
appariscenti della scia celeste, crocevia di altre due catene di
stelle nella cui disposizione l'astronomo alessandrino Tolomeo vide
la figura del mitico Perseo. Parliamo ovviamente di Mirfak,
il cui nome presso le antiche tribù arabe identificava “il gomito”
dell’eroe che era riuscito a tagliare la testa di un demone, ovvia
reinterpretazione del ben più antico mito di Perseo e Medusa. Questa
stella è anche conosciuta col nome di Algenib,
“il lato” o “il fianco” dell’eroe, in evidente riferimento
a come questo era immaginato, visto di tre quarti.
Essendo
Mirfak la stella più brillante della costellazione di Perseo,
proprio per tale motivo l'astronomo tedesco Bayer le attribuì la
prima lettera dell’alfabeto greco nella sua sistematica
catalogazione delle stelle seguendo l'ordine di luminosità;
splendendo di magnitudine 1,79 essa si colloca al trentatreesimo
posto nella lista delle stelle più luminose di entrambi gli emisferi
celesti.
SUPERGIGANTE
GIALLA
Osservandola
ad occhio nudo, e ancora meglio al binocolo, non è difficile
rendersi conto della sua colorazione bianco-giallognola, in netto
contrasto con quella tipicamente azzurrina di un nutrito gruppo di
stelle che la circonda, sulle quali torneremo tra un po; tale
sfumatura è propria del tipo spettrale F5 “Ib” cui appartiene,
tipica di una temperatura superficiale dell’ordine dei 6600 K.
Il
suffisso “Ib” è relativo alla cosiddetta “classificazione
spettrale di Yerkes”, detta anche MKK (dalle iniziali degli
astronomi Morgan, Keenan e Kellman che la idearono nei primi anni ‘40
del secolo scorso). A differenza del classico sistema di Harward, che
mette in relazione temperatura e luminosità, l’MKK lega alla
temperatura delle stelle la loro gravità superficiale. Infatti,
poiché il raggio di una stella gigante è molto più grande di
quello di una nana, a parità di masse la gravità superficiale di
una stella gigante - nonché la densità del gas nell’atmosfera -
sono minori rispetto a quelle della nana; misurando proprio
l’intensità delle righe spettrali, indice reale della densità
dell’astro, è quindi possibile risalire alla sua luminosità. In
altre parole, righe spettrali strette ed affusolate, soprattutto
quelle di alcuni metalli quali Ferro (Fe) e Calcio (Ca) come quelle
presenti nell’atmosfera di Mirfak, sono indice della bassa gravità
superficiale della stella, parametro che induce quindi a determinare
come enormi le dimensioni di α Persei; al contrario, per stelle più
piccole e quindi dense, la gravità alla superficie è maggiore,
fattore che porta la stella ad esibire un maggiore allargamento delle
righe spettrali. La classificazione MKK presenta sette cosiddette
“classi di luminosità”, ordinate secondo numeri romani da I a
VII per i quali, all’aumentare del valore, corrisponde una
diminuzione della luminosità intrinseca della stella; ecco che le
supergiganti vengono divise in due sottogruppi: Ia (le più luminose)
e Ib (meno luminose), quest’ultimo proprio quello cui appartiene
Mirfak.
Nonostante
numerose misurazioni eseguite nel corso di lunghi anni, l’angolo di
parallasse di α Persei è risultato troppo piccolo da poter
percepire; per misurarne la distanza è stato impiegato quindi il
metodo della parallasse spettroscopica. Derivando la luminosità
assoluta della stella dal suo diagramma H-R e nota quella apparente,
la distanza è quindi facilmente reperibile dalla legge dell'inverso
del quadrato, valore che per Mirfak corrisponde a circa 590
anni-luce: in altre parole, fosse idealmente lontana una decina di
parsec (30 anni-luce), la luminosità di Mirfak equivarrebbe a quella
di Venere al massimo del suo splendore! La luminosità intrinseca, in
relazione alla temperatura, è inoltre utile per calcolare il raggio,
che risulta essere 63 volte quello solare, stabilendo, quindi, il suo
potere emissivo a ben 5500 volte quello della nostra stella! Per tale
motivo Mirfak è quindi classificata come “supergigante gialla
dalla luminosità poco meno che straordinaria”; le note Canopo
(α Carinae) e Wezen
(δ Canis Majoris), ad esempio, sono anch’esse di tipo spettrale F5
ma rientrano nel rango superiore delle “Ia”, con intensità
decine di migliaia di volte maggiore, ben più estreme.
L'ASSOCIAZIONE
STELLARE PERSEUS OB3
Ad
ogni modo Mirfak sembra essere l’unica supergigante gialla (tenendo
presente che non sono tante quelle note) che risulta correlata ad un
gruppo stellare, il cosiddetto “Ammasso
di α Persei”,
presente con la sigla 20 nel famoso catalogo ammassi stellari
compilato nel 1915 dal francese Melotte. La sua luminosità apparente
sembra variare di pochi centesimi di grandezza, tanto da essere
ritenuta una “sospetta” variabile; ben più interessante sembra
però essere la sua velocità radiale, che evidenzia lievi variazioni
in due periodi distinti, di circa 87 e 9,8 giorni, forse
riconducibili a reali pulsazioni dell’astro. La cosa non è provata
ma, ma nel caso le variazioni della velocità radiale derivassero
realmente da reali pulsazioni radiali, allora Mirfak potrebbe
rappresentare un caso alquanto peculiare di una stella che subisce
pulsazioni tipiche delle Cefeidi pur trovandosi appena fuori della
loro caratteristica “fascia di instabilità”; è evidente che
questa supergigante gialla si trova attualmente in una fase delicata
della sua evoluzione, relazionata alla sua enorme massa 11 volte
quella solare; nata come una luminosa stella azzurra, l’elevata
emissione di energia ne ha accelerato il processo evolutivo,
esaurendone le riserve di idrogeno e portandola a divenire una
supergigante gialla, fase nella quale resterà relativamente poco per
poi spostarsi la zona delle giganti rosse; con ogni probabilità, una
volta uscita dalla sequenza principale, i valori di raggio e massa di
α Persei hanno portato la stessa a subire gli effetti
dell’instabilità, cominciando a pulsare e cercando continuamente
di mantenere l’equilibrio in una condizione intermedia.
Allorché
l’ammasso di α Persei transita allo zenith, esso appare in tutta
la sua magnificenza, tanto da ricordare molto le Iadi o l'ammasso
della Chioma. Molte delle sue componenti sono stelle di quarta e
quinta magnitudine, discernibili già ad occhio nudo a patto di
condizioni discrete di seeing e oscurità; il gruppo si estende per
quasi 4° in una delle zone più dense e luminose della Via Lattea,
con decine di stelle più deboli stagliate sullo sfondo. Venne per
osservato per la prima volta dall’astronomo italiano Hodierna, che
lo incluse nel primo catalogo di oggetti celesti redatto nella
storia, il “De
Admirandis Coeli Characteribus”,
edito nel 1654. Alcuni studi relativi al moto proprio e alle velocità
permisero di stabilire che le componenti erano gravitazionalmente
legate tra loro, proprio come la ben più nota “corrente dell’Orsa
Maggiore; come essa, Mel 20 è quindi un gruppo di stelle in
movimento originate dalla stessa massa nebulare, che continuano a
muoversi assieme nello spazio, avvicinandosi verso il Sole alla
velocità di 2 chilometri al secondo.
Recenti
studi eseguiti sui dati forniti dal satellite Tycho hanno permesso di
identificare come appartenenti a tale gruppo circa 140 stelle con
magnitudini comprese fino all’11ma, quella delle componenti più
deboli; circa il 70% di esse giace nella parte centrale mentre il
restante 30% nella periferia. In tutto, una sessantina circa quelle
più luminose della decima magnitudine. Tenendo conto della distanza
e dell’estensione apparente sulla volta celeste, è stato calcolato
che il reale diametro dell’ammasso è di circa 87 anni luce! A
parte Mirfak e l’arancione σ Persei (quest’ultima non una reale
componente del gruppo), il resto delle componenti sono caratterizzate
dalle medesime caratteristiche fisiche tra le quali spicca la marcata
colorazione azzurrina, indice di altissime temperature superficiali;
tali prerogative fanno di Mel 20 non un normale ammasso aperto come i
tanti sparsi nel disco galattico quanto una “Associazione di tipo
OB”, sparse anche queste qua e la nei bracci a spirale della Via
Lattea; in particolare, quello attorno di Mirfak è noto come
Associazione
Perseus OB3. Una
delle principali caratteristiche di tali associazioni è la loro
esigua densità, generalmente ridotta a una sola stella ogni 100
parsec cubici, valore piccolo quando comparato a quella degli ammassi
aperti, che possono arrivare a misurare anche un centinaio di stelle
per parsec cubico! Osservando il loro diagramma H-R, in particolare
dove si ferma la sequenza principale, è possibile in base alla
teoria dell’evoluzione stellare ricavare l’età
dell’associazione, stimata in circa 50 milioni di anni; stelle
molto giovani, quindi.
AL
CENTRO DELLA FASCIA
Perseus
OB3 ha la particolarità di essere al centro di importanti eventi
passati che ebbero luogo nel braccio galattico di Orione, entro il
quale è situato anche il Sole. Secondo alcune teorie infatti, il
passaggio di nubi di polvere e gas, o più probabilmente di una
piccola galassia satellite inglobata dalla Via Lattea, avrebbe
generato le stelle massicce dell’Associazione nota come
Cassiopeia-Taurus
OB, della quale
oggi non restano che pochissimi membri sparsi su un’area maggiore
di 100° sulla volta celeste. Quasi tutte le stelle di questa
associazione, con i loro intensissimi venti stellari prima e
deflagrando come supernovae in seguito, crearono delle enormi
“bolle”di gas caldo in espansione. Circa una cinquantina di
milioni di anni fa queste entrarono a contatto con altre bolle di
idrogeno, da una parte, con un’altra proveniente dalle Vele e che
portò a generare le supergiganti azzurre di Orione; dall’altra
invece, dallo scontro con dense nubi di polvere presenti nella zona
di Antares, si formarono la ben note associazioni OB
Scorpius-Centaurus. E così molte altre ancora, lungo una sorta di
anello del diametro di oltre 3000 anni-luce, notato per la prima
volta nel 1879 dall’astronomo Gould, da cui prende il nome. Col
tempo, l’enorme associazione OB Cassiopeia-Taurus andò alla deriva
disperdendo le sue componenti nel braccio di Orione; al centro di
questa grande associazione stellare, residuo di una incredibile
storia che coinvolge tutto il “vicinato” locale stellare, rimase
solo un piccolo gruppo, dominato da una gigante azzurra molto più
luminosa e massiccia delle altre: Mirfak.
Ma
anch’essa e tutte le altre componenti di Perseus OB3 tenderanno,
col tempo, a disperdersi; causa la poca compattezza del gruppo
infatti, le reciproche forze gravitazionali non riusciranno a vincere
l’azione disgregatrice della rotazione differenziale galattica. Non
è dato sapere tra quanto tempo Perseus OB3 perderà la sua natura di
associazione stellare, ma essendo queste dinamicamente instabili ciò
dovrebbe avvenire in tempi astronomici relativamente brevi; l’unica
cosa che già oggi possiamo ragionevolmente stabilire è che con
grande probabilità i nostri lontani posteri vedranno un giorno
accendersi una nuova luminosissima supernova laddove una volta
raggiava la giallognola Mirfak, a rinnovare quel ciclo continuo che
genera nuove stelle, elementi, vita e morte.
The
skygazer that in the autumn evenings stares at the eastern area of the
sky, far off of light pollution, will certainly notice five bright
stars of second magnitude arranged to form a long chain, larger than
60°. Starting from the stars of Pegasus and Andromeda, this path
goes ahead north-east to link the Milky Way, almost dragging it
toward the zenith; as a hook, the last one of those five cosmic
lights, that one located just below that famous "W"
of the Cassiopeia constellation, a star that is deep immersed in one
of the most beautiful sight of the Milky Way. Such a bright star
makes as a meeting-point of two others star chains, in which the
astronomer Ptolemy saw the figure of the mythical Perseus. We're just
talking about Mirfak, whose name among the ancient
Arabs identified the "elbow" of a hero who had managed to
cut off the head of a demon – an obvious reinterpretation of the
much more ancient myth of Perseus and Medusa; this star is also known
as Algenib, the "side" of the hero, as it was
imagined to be seen.
Mirfak
is the brightest star in Perseus and for this reason the astronomer
Bayer attributed to it the first letter of the greek in his
systematic cataloging about brightness; shining at magnitude 1,79 it
lies at the thirty-third place in the list of the brightest stars of
both the celestial hemispheres.
A
YELLOW SUPERGIANT
Observing
it simply with the naked eye or by binoculars, it is not difficult to
notice its yellowish-white color, in a stark contrast to the
typically pale blue of a large group of stars that surrounds it, on
which we shall tell later; ita color is typical of spectral class F5
(Ib) which it belongs, typical of a surface temperature of the order
of 6600 K. The strange suffix "Ib" is related to the
so-called "Yerkes spectral classification", also called
"MKK" (taking the initials of astronomers Morgan, Keenan
and Kellman that created in the early 40's of the last century).
Differentiating by the classic system of Harvard - that relates
temperature and brightness - the MKK system links a star's surface
gravity to its temperature.
By
the fact that the radius of a giant star is much larger than a
dwarf's one, for equal masses surface gravity of a giant star - as
well as the density of the gas in the atmosphere - are lower than
those of a dwarf one; measuring with accuracy the spectral lines
intensity (that is the real index of the density of the star) it is
then possible to determine ita brightness. In other words, narrow and
tapered spectral lines, especially those of metals such as iron and
calcium and even those present in the atmosphere of Mirfak, are index
of the lower star's surface gravity; so this parameter leads to
determine that the size of Alpha Persei is very gigantic; on the
contrary, for smaller thus dense stars, the gravity at the surface is
greater, that leads them to exhibit a greater enlargement of their
spectral lines. The MKK classification has got seven of the so-called
"luminosity classes", all sorted by Roman numerals from I
to VII; the further the value increases, the intrinsic brightness of
the star decreases. In such a system, supergiants stars are divided
into two subgroups: Ia (those brightests) and Ib (less luminous): to
the latter, Mirfak belongs.
At
every measure taken in past-times, Alpha Persei's parallax angle was
ever too small and so the parallax measurements method just failed;
in order to measure its distance, then the spectroscopic parallax
method was used. Once note its apparent magnitude and deriving the
star's absolute brightness from its HR diagram, thus the distance is
easily found by the inverse-square law: for Mirfak, the found out
value corresponds to about 590 light-years; in other words, if Mirfak
was far ideally a dozen Parsec (30 light-years), its brightness would
be just the same as Venus at its peak! The intrinsic brightness,
depending on the temperature, it is also useful to calculate the
star's radius, which turns out to be 63 times that of the Sun and
thus establishing his well-emissive power 5500 times that of our own
star! For this reason Mirfak is therefore classified as a "yellow
supergiant by the brightness a little less than extraordinary";
for instance, even the well-known Canopus (α Carinae) and Wezen (δ
Canis Majoris) are of spectral type F5 but the both of them stay
within the top rank of "Ia", with intensites tens of
thousands of times greater, far more extreme.
THE
PERSEUS OB3 ASSOCIATION
Anyway,
Mirfak seems to be the only yellow supergiant (keep in mind that
there are not many known of this one kind), which belongs to a group,
the so-called "α Persei star cluster", the twentieth
object in the famous catalog compiled in 1915 by the french
astronomer Melotte. Mirfak's apparent brightness seems to vary by a
few hundredths of magnitude, enough to be considered a suspected
variable; much more interesting, however, seems to be its radial
velocity, which shows slight variations in two distinct periods of
approximately 87 and 9,8 days, perhaps due to real pulsations of the
star. It is not certain, but in the case Mirkak's radial velocity
variations were derived from the real pulsations of the star, then
Alpha Persei could represent a very peculiar case of a star that
undergoes pulsations that are typical of Cepheids while being just
outside of their characteristic "instability-strip". It is
known that this yellow supergiant is currently at a delicate stage of
its evolution, a stage related to his huge mass 11 times that of the
Sun; born as a bright blue star of high energy emission, it
accelerated the evolution's process of hydrogen inner reserves, thus
bringing it to become a yellow supergiant: a phase which will last a
relatively little time, then moving towards the area of the red
giants. It is likely that once the star will exit from the main
sequence stage, the values of its radius and mass will bring it be
affected by instability, beginning to throb and constantly trying to
keep the balance in an intermediate condition.
When
the star cluster of Alpha Persei passes the zenith, it appears in all
its glory, so much to remember the Hyades or the Coma Cluster. Many
of its components are of fourth and fifth magnitude, already
discernible by the naked eye as long as the conditions of discrete
and seeing darkness; the group spans for almost 4° and is located in
one of the most dense part of the Milky Way, with dozens of fainter
stars as a background. Such a nice cluster was observed for the first
time by the italian astronome Hodierna, which included it in the
first catalog of celestial objects ever drawn in history, "De
Admirandis Characteribus Coeli", published in 1654. Some
studies regarding stars proper motion and speed enabled him to
establish that all the components were gravitationally bound to each
other, just as the well-known Ursa Major moving group: just like it,
Mel 20 is a group of stars in motion that originated from the same
nebula and continue to move together in space at a speed of about two
kilometers per second.
Recent
studies performed on the data provided by the Tycho satellite have
identified a total of about 140 members belongig to the group, with
magnitudes ranging up to the 11th, the fainter ones; about 70% of the
components lie in the core, the remaining 30% in the external parts:
about sixty of them are brighter than tenth magnitude. Taking into
account the distance and its apparent extent in the sky, it was
calculated that the real diameter of the cluster is about 87
light-years! If we do not take account of Mirfak and orange σ Persei
(the latter is not a real member of the group), the rest of the
components are characterized by the same physical characteristics,
first of all the strong bluish color, index of their high surface
temperatures. These prerogatives lead to consider Mel 20 no longer a
normal open cluster but as an "OB Association", just like
many others scattered here and there in the spiral arms of our
galaxy. Alpa Persei cluster is thus more known as Association
"Perseus OB3 ". One of the main characteristics of these
Associations is their low density, usually reduced to a single star
per 100 cubic-parsec, a very small value when compared with the
density of normal open clusters that can reach up to a hundred stars
per cubic parsec! Watching the HR diagram of the components,
particularly where it stops the main-sequence, according to the
theory of stellar evolution it is thus possible deriving the age of
the Association, estimated at about 50 million years: an set of very
young stars!
AT
THE CENTER OF THE BELT
Perseus
OB3 has got the particularity of being at the center of important
past events that took place in the galactic arm of Orion, in which it
is located along with our Sun itself. According to some theories, in
fact, the passage of clouds of dust and gas, or more likely a small
satellite galaxy eaten by the Milky Way, would have generated massive
stars in the so-called "Cassiopeia-Taurus OB" association,
of which today there are only a handful of members, scattered over an
area greater than 100° in the sky! Almost all the stars of that OB
Association, with their intense stellar winds before and gone as
supernovae later, they created huge "bubbles" of hot and
expanding gas. About fifty million years-ago, these came in contact
with other bubbles of hydrogen that lied in the same galaxy arm: the
blue supergiants in Orion were probably born by such an encounter. On
the opposed part, the same bubble clashed with other dense clouds of
dust in the region around Antares, creating the well-known
Scorpius-Centaurus OB associations. And so many others, all arranged
by a long ring with a diameter of more than 3,000 light-years,
noticed for the first time in 1879 by the astronomer Gould, from
which it takes its name ("Gould's belt"). Over time, the
massive OB association Cassiopeia-Taurus drifted away, dispersing its
components in the Orion arm; at the center of this large stellar
association only a small group remained, dominated by a giant blue
much brighter and more massive than the others: Mirfak.
But even this beautiful yellowish star as well as all the other Perseus OB3 components will tend, over time, to disperse in space. Due to the lack of compactness of the group, in fact, the mutual gravitational forces will not be able to overcome the disruptive action of the differential rotation of the Galaxy. It is not known how long Perseus OB3 will last before losing its nature as a stellar Association, as these groups are dynamically unstable...so it could be done someday, in a relatively "astronomical" short-time; the only thing that already today we can reasonably determine is that, more likely, our distant discendents will one day ignite a new bright supernova where once shone yellowish Mirfak, to renew the continuous cycle that creates new stars, elements, life and death.
But even this beautiful yellowish star as well as all the other Perseus OB3 components will tend, over time, to disperse in space. Due to the lack of compactness of the group, in fact, the mutual gravitational forces will not be able to overcome the disruptive action of the differential rotation of the Galaxy. It is not known how long Perseus OB3 will last before losing its nature as a stellar Association, as these groups are dynamically unstable...so it could be done someday, in a relatively "astronomical" short-time; the only thing that already today we can reasonably determine is that, more likely, our distant discendents will one day ignite a new bright supernova where once shone yellowish Mirfak, to renew the continuous cycle that creates new stars, elements, life and death.
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