Fra le 31 figure “inanimate” che popolano la volta celeste, una sola appartiene alle dodici costellazioni zodiacali: parliamo ovviamente della costellazione della Bilancia, visibile al meridiano di prima sera a nelle serate di tarda primavera, tra Maggio e Giugno.
Essa preannuncia l’arrivo del vicino Scorpione e proprio all’aracnide celeste è stata sempre legata la storia di questa costellazione; è ben noto, infatti, come presso gli antichi Greci le stelle appartenenti all’odierna Bilancia rappresentassero proprio le chele dello Scorpione, costellazione che all’epoca era quindi molto più estesa. Ad ogni modo, il famoso planisfero di Denderah è il primo documento storico a riportare la figura di una Bilancia in tali stelle: nel periodo compreso tra il 1800 a.C. ed il 100 d.C., infatti, il Sole attraversava il punto equinoziale d’Autunno proprio tra le stelle di questa costellazione, rendendo uguali o, meglio, “bilanciate”, il numero di ore del giorno e della notte. A causa del moto di precessione questo punto si è spostato con i secoli sempre più, tanto che oggi è collocato tra le stelle più occidentali della Vergine.
L’astronomo alessandrino Tolomeo mantenne intatta la tradizionale figura greca delle “chele” dello Scorpione; queste furono considerate tali già dai precedenti Eudosso ed Arato, che le vedevano però come una figura a sé stante, ben distinta dallo Scorpione; tale dissociazione è molto probabilmente dovuta fatto che, allorché si volle associare una figura zodiacale ad ogni mese (dodici in totale, quindi) ci fu una certa difficoltà essendo appena undici quelle tramandate dall’antichità; il problema venne risolto non con l’introdurre una nuova costellazione - tale azione venne eseguita successivamente - bensì dividendo in due figure distinte l’allora enorme costellazione dello Scorpione in quelle dello “Scorpione” e delle “chele dello Scorpione”. Fu Giulio Cesare a mettere fine a tale confusione introducendo finalmente, nel suo nuovo calendario giuliano, la costellazione chiamata Libra, che rappresentava un classico bilanciere che nelle sue idee rappresentava la giustizia Romana.
Successivamente, gli Arabi adottarono dapprima la più figura delle Chele, nella lor tradizione chiamate “Al Zuban” - distinguendole dall’Al Aqrab con cui identificavano lo Scorpione vero e proprio - e successivamente quella della Libra, nota nella loro cultura come “Al Kiffatan” (i nomi propri delle stelle della costellazione fanno riferimento proprio a questi termini). Due piccole curiosità: nella sua opera di cambiare le storiche costellazioni in figure religiose, l’abate Julius Schiller (1627) trasformò la costellazione Bilancia nell’Apostolo Filippo, mentre sull’Uranographia di John Bode (1801) le stelle più meridionali dell’odierna Bilancia andarono a delineare la costellazione del “Tordo Solitario”, che però non ebbe fortuna.
Estesa su 538 gradi quadrati, la costellazione della Bilancia conta in tutto una quindicina di stelle più luminose della quinta grandezza.
Zuben-elgenubi (α Lib)
Il nome di questa stella, così come quello di altre nella stessa area celeste, deriva dall’arabo Al Zuban Al Janubyyah ovvero “la chela meridionale” (dello Scorpione); un altro nome di questa stella è Kiffa Australis, derivato da Al Kiffah Al Janubyyah, ossia “il piatto meridionale” (della Bilancia). Nella tradizione romana, essa era Lanx Australis, ovvero il “piatto meridionale” (della Bilancia). Nell’antica India, essa era nota come “la porta d’ingresso” (allo Scorpione), appellativo dovuto al fatto che Zuben-elgenubi si trova a soli 20’ dall’eclittica.
α Librae è una tra le rare doppie fisiche la cui separazione è al limite della risoluzione ad occhio nudo: 231” d’arco! L’astro principale, α2 Lib, splende di magnitudine 2,9 ed è una subgigante bianca, la stella ha una luminosità intrinseca 25 volte quella del Sole ed un diametro che misura appena il doppio. La compagna, denominata α1 Lib, è di quinta grandezza, ed è una subgigante di tipo spettrale F5, giallognola, con un diametro il doppio di quello del Sole e dalla luminosità intrinseca quasi tre volte maggiore; la distanza reale tra i due astri sembra aggirarsi attorno alle 5400 mila UA! Entrambe le componenti posseggono a loro volta compagna invisibili e rilevate unicamente nel loro spettro; una quinta componente, la variabile KU Lib che, pur lontanissima dalla coppia principale, ne condivide il moto proprio tra le selle di fondo. Zuben-elgenubi è quindi un sistema quintuplo, lontano da noi 65 anni-luce; le cinque stelle, vecchie di “soli” 200 milioni di anni, sembrano far parte della cosiddetta “corrente stellare di Castore”, che comprende altre stelle ben note come la stessa stella dei Gemelli, Fomalhaut, Vega, Alderamin ed altre stelle nate assieme dalla stessa nube.
Zuben-elshemali (β Lib)
Il suo nome proprio è Zuben-elshemali, una moderna corruzione dell’arabo Al Zuban Al Shamalyyah, letteralmente “la chela settentrionale” (dello Scorpione); anche per questa stella, come per Alfa Lib, si trova spesso riportato sui testi un secondo nome, Kiffa Borealis, “il piatto settentrionale” (della Bilancia). Nella tradizione romana, essa era Lanx Borealis ovvero il “piatto settentrionale” (della Bilancia).
Pur essendole stata attribuita dal Bayer la seconda lettera dell’alfabeto greco, l’astro più appariscente della Bilancia è proprio Zuben-elshemali, che splende di magnitudine 2,6. A proposito della sua luminosità, i documenti storici riportano alcune incertezze: l’astronomo greco Eratostene parla di essa come “…la stella più luminosa di tutte…”, riferendosi all’allora “doppia” costellazione dello Scorpione, mentre tre secoli dopo Tolomeo la eguagliò addirittura ad Antares: possibile che questi abbagli siano stati reali? O è forse l’Alfa dello Scorpione che ha incrementato la sua intensità luminosa nel tempo? Nessuno lo sa.
Un altro mistero di Zuben-elshemali riguarda il suo colore; la stella è infatti nota per essere l’unica visibile ad occhio nudo ad esibire una tonalità verdognola. Poiché all'osservazione telescopica essa appare bianca, le evidenti discordanze riportate sono state da alcuni attribuite alla rifrazione atmosferica…spiegazione, questa, di basso profilo e in netto contrasto con il fatto che tra le tante stelle luminose che transitano basse sull’orizzonte Zuben-elshemali è l’unica ad essere descritta di tale tonalità. La temperatura di Zuben-elshemali è poco superiore ai 12000 K e per la legge di Wien - che consente di individuare a quale lunghezza d'onda si ha il picco di emissione radiativa di un corpo nero per una determinata temperatura - la sua massima emissione radiativa cade a cavallo tra l’azzurro e il verde...eppure questa stella appare bianca: io stesso mi sono divertito a stimarne la tinta cromatica numerose volte, ma l’ho vista sempre e solo bianca. Nessun mistero però la avvolge.
In realtà, il Cosmo è intriso di stelle “verdi” ma il fatto che non si riescano a percepire è solo ed esclusivamente dovuto all’occhio umano, in particolare ai “coni” presenti nella retina che sono addetti alla ricezione dei tre colori fondamentali: blu, verde e rosso. Fisiologicamente, il singolo cono percepisce uno ed un solo colore dei tre fondamentali, producendo risposte con una precisa “curva di sensibilità” a seconda del colore cui sono addetti. Stando così le cose, una stella rossa viene percepita tale - senza problemi - perché il contributo dei coni che lavorano nel blu è minimo; idem dicasi per quelle blu, per le quali lavorano quasi esclusivamente i coni addetti alla ricezione del blu. Tenendo però conto che le lunghezze d’onda relative al verde sono comprese tra quelle rosse e quelle blu, allorché viene osservata una stella verde si attivano sia i coni addetti al blu che gli altri addetti al rosso, generando per essa un colore neutro, esattamente il bianco osservato per Zuben-elshemali.
In realtà, il Cosmo è intriso di stelle “verdi” ma il fatto che non si riescano a percepire è solo ed esclusivamente dovuto all’occhio umano, in particolare ai “coni” presenti nella retina che sono addetti alla ricezione dei tre colori fondamentali: blu, verde e rosso. Fisiologicamente, il singolo cono percepisce uno ed un solo colore dei tre fondamentali, producendo risposte con una precisa “curva di sensibilità” a seconda del colore cui sono addetti. Stando così le cose, una stella rossa viene percepita tale - senza problemi - perché il contributo dei coni che lavorano nel blu è minimo; idem dicasi per quelle blu, per le quali lavorano quasi esclusivamente i coni addetti alla ricezione del blu. Tenendo però conto che le lunghezze d’onda relative al verde sono comprese tra quelle rosse e quelle blu, allorché viene osservata una stella verde si attivano sia i coni addetti al blu che gli altri addetti al rosso, generando per essa un colore neutro, esattamente il bianco osservato per Zuben-elshemali.
Nessun mistero invece avvolge le sue caratteristiche fisiche: β Librae è una stella di sequenza principale di tipo spettrale B8, bianca quindi, distante 185 anni luce, luminosa almeno 130 volte più del Sole ed dal diametro cinque volte lo stesso.
Zuben-elakrab (γ Lib)
Il nome è di chiara origine araba e si riferisce al termine “Zuben-el-Aqrab” con il quale veniva identificata la generica “chela” Scorpione.
Si tratta di un astro di sequenza principale che splende di quarta grandezza dalla distanza di 152 anni-luce; massa e luminosità intrinseca sono circa 2 e 70 volte maggiori dei corrispettivi solari.
Zuben-elakrab (δ Lib)
Come per la precedente γ Librae, il nome arabo è riferito ad una “generica” chela dello Scorpione, del quale lo Zuben-elakribi presente in letteratura ne è evidente storpiatura; un’altra denominazione, addirittura di origine akkadica (ca 2000 anni a.C.), è Mulu-izi (“l’uomo di fuoco”), oscuro termine in riferimento ad una delle cosiddette “case lunari” della tradizione mesopotamica.
Nonostante fosse stata catalogata dal Bayer come quarta stella della costellazione per luminosità, splendendo appena di magnitudine 5,41 essa è in realtà appena la dodicesima nel medesimo ordine; la causa di questa apparente “discesa” resta ignota. Si tratta comunque di una luminosa binaria ad eclisse del tipo Algol, che oscilla tra le magnitudini 4,9 e 5,9 in 2 giorni ed 8 ore circa, ciclo fotometrico facilmente osservabile anche con un modesto binocolo. Il sistema dista da noi 300 anni-luce mentre la reale distanza tra le due componenti è di quasi 8 milioni di chilometri.
Zuben-elakrab (η Lib)
Il nome le venne molto probabilmente attribuito causa la sua vicinanza alla già citata γ Librae.
Si tratta di una comune stella di sequenza principale bianca, lontana 147 anni-luce, che splende di magnitudine 5,41, vicina al limite fisiologico della percezione ad occhio nudo.
Brachium (σ Lib)
Nome di origine latina significante "il braccio" o "l'asta" (della Bilancia) anche se spesso a questa stella viene attribuito in letteratura il medesimo nome proprio di α Librae, Zuben-elgenubi, molto probabilmente sia per la sua posizione che per la luminosità; splendendo infatti di magnitudine 3,29, la stella in questione è terza in ordine di luminosità della Bilancia.
Si tratta di una fredda gigante rossa lontana 288 anni-luce e di tipo spettrale M4 cui corrisponde una temperatura superficiale di prossima ai 3000 K; il suo diametro è 110 volte quello solare, mentre la luminosità intrinseca è ben 1900 volte maggiore. Il suo stadio evolutivo è tale che il suo equilibrio idrostatico tra forza di gravità e pressione di radiazione non è più tale da splendere tranquillamente come una comune stella di sequenza principale, presentando oscillazioni luminose tra le magnitudini 3,20 e 3,46 che irregolarmente in periodo grossomodo equivalente a 20 giorni. Piccola curiosità: se qualcuno si fosse chiesto come mai nello Scorpione manchi la stella marcata con la lettera γ, la risposta sta proprio in questa stella, che negli antichi atlanti celesti era indicata proprio come γ Scorpii.
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