giovedì 7 maggio 2015

MESSIER 82 E LE GALASSIE STARBURST

Nei pressi di Dubhe (α Ursae Majoris), la stella dorata che segna l'angolo nord orientale del Grande Carro e che proprio nelle nottate primaverili si proietta vicina allo zenith, è presente uno dei più famosi oggetti appartenenti al catalogo Messier, l’ottantaduesimo; altrimenti nota come "galassia sigaro" e lontana "solo" 12 milioni di anni-luce, M82 è principalmente nota per essere un ottimo esempio visibile anche con modesti telescopi data la sua elevata luminosità apparente, nonché prototipo, di galassia cosiddetta "starburst".


Una galassia è definita tale quando attraversa una fase di intensa formazione stellare, normalmente situata nella sua regione centrale. Un gran numero di stelle massicce ed ultra-massicce vengono generate a raffica e la loro luminosità è tale da costituire, in alcuni casi, gran parte della luminosità totale della galassia stessa che le ospita. Queste galassie costituiscono quindi veri e propri laboratori per lo studio della formazione e dell'evoluzione delle stelle massicce, degli effetti che queste hanno sul mezzo interstellare e degli importanti processi di arricchimento chimico del mezzo interstellare e intergalattico. Nel caso di M82, questa ha subito gli effetti gravitazionali della sua vicina, la nota M81, lontana "solo" 300 mila anni-luce; tali forze mareali avrebbero deformato la struttura di M82 col risultato che una gran quantità di gas si è riversata nelle sue regioni centrali. Secondo calcoli effettuati con i supercomputers, il più antico incontro fra queste due galassie sembrerebbe essere accaduto 250 milioni di anni fa, causando già allora un forte picco della formazione stellare in entrambe le galassie, come è testimoniato dalla distribuzione e dall'età degli ammassi aperti in esse presenti; l'ultimo di questi episodi ricorrenti risalirebbe invece a circa 4-6 milioni di anni fa, causando la formazione dei superammassi stellari osservati. 

Le aree di intensa formazione stellare di solito si trovano nelle zone centrali delle galassie e possiedono raggi dell'ordine di di 100-1000 pc. Nonostante le dimensioni siano piccole se confrontate con la galassia ospite, la conversione del gas in stelle massicce è effettuata ad una velocità che supera di gran lunga quella relativa al resto della galassia stessa. Lo starburst è alimentato da una copiosa fornitura di gas, principalmente idrogeno molecolare, che è stato accumulato da effetti di marea nel centro della galassia; secondo alcune stime, la quantità di tale gas disponibile in quelle aree è sufficiente a sostenere un tasso di formazione stellare per almeno 10^8 anni. Le polveri associate al gas molecolare assorbono la maggior parte della radiazione prodotta dalle luminosissime stelle li generate, rendere difficile determinare molte delle proprietà fondamentali di tali violenti episodi. Gli starburst più luminosi dell'universo locale avvengono nelle cosiddette "galassie ultra-luminose all'infrarosso", che hanno luminosità bolometriche (ovvero, estese su tutto lo spettro elettromagnetico) di circa 10^12 Lʘ (luminosità solari), energia emessa principalmente nel medio e lontano infrarosso. La fonte di tale alimentazione è profondamente sepolta all'interno di una fitta regione di polveri e gas molecolare dalle dimensioni di poche centinaia di parsec e, con ogni probabilità, consiste in una sorta di combinazione di uno starburst e di un quasar avvolto da polveri; tanto per dare un'idea, la massa di gas molecolare (circa 10^10 Mʘ) è comparabile con l'intera massa di tutto il mezzo interstellare presente in una grande galassia a spirale come la nostra.


Nel collage di immagini sopra, riprese dal telescopio Spaziale Hubble, quella a sinistra mostra dettagli "ravvicinati" di una parte del disco bluastro di M82, in gran parte composta da giovani stelle e calde. In quella centrale, relativa all'area centrale della galassia, innumerevoli stelle giovani e d'età avanzata assieme ad un gran numero di nebulose forniscono all'immagine una tonalità multicolore. Nell'immagine a destra, infine, la presenza di nubi scure di gas e polveri che dal nucleo della galassia si diramano vero l'esterno, per migliaia di anni-luce!

Queste galassie ultra-luminose presentano morfologie fortemente indicative della fusione, ancora in corso o da poco completata, di due grandi galassie. Le strutture morfologiche indicative di fusioni galattiche possono essere lunghe code mareali (come nel caso della coppia di galassie chiamate "le antenne") formate da stelle e gas o anche galassie dal doppio nucleo. Inoltre, le osservazioni suggeriscono che anche lievi interazioni gravitazionali, come il passaggio ravvicinato di due galassie senza la loro successiva fusione, possano comunque indurre episodi di violenta formazione stellare. 

Durante il passaggio ravvicinato di due galassie, gli effetti mareali vanno ad agire perturbando fortemente le orbite delle stelle e del gas presenti nel disco galassia. Mentre del gas va a collidere con altro gas, la dissipazione dell'energia cinetica permette ad esso di muoversi sufficientemente lontano dalle stelle che, altrimenti, lo andrebbero a catturare; tale gas può quindi fluire vero il centro della galassia, dove va ad alimentare uno starburst. Se il passaggio ravvicinato di due galassie è lento e molto vicino, l'attrito dinamico può trasferire l'energia cinetica dalle stelle agli aloni di materia oscura, consentendo quindi alle due galassie a fondersi in una singola galassia. Una volta generatesi le nuove stelle nelle aree starbusrt, solitamente riunite in gruppi chiamate Associazioni OB, queste ionizzano il gas loro circostante, creando regioni H II; queste stelle massicce bruciano il loro combustibile molto violentemente e tanto rapidamente da evolversi in pochi milioni di anni, esplodendo infine come supernovae. Dopo l'esplosione di supernova, il materiale espulso si espande, diventando un resto di supernova; questi resti interagiscono con l'ambiente circostante all'interno dello starburst (il mezzo interstellare).

L’immagine composita presente qui di seguito è stata ottenuta sovrapponendo la ripresa effettuata ai raggi X, ottenuta dal telescopio spaziale Chandra, ad altre nel visuale (Hubble Space Telescope) e nell’infrarosso (Spitzer Space Telescope): ciò che questa ha di straordinario è l'elevato dettaglio delle parti più centrali della galassia, che mostra la presenza di ben due sorgenti di una certa luminosità nei raggi X: l’istantanea in questione ha, con ogni probabilità, catturato due buchi neri di massa intermedia (le due sorgenti X) nell’atto di avvicinarsi pericolosamente (movimento che in realtà è lentissimo) verso il buco nero supermassiccio che si annida nel centro di M82! 

A tutti gli effetti, è la prima immagine che prova l’esistenza di buchi neri - doppio addirittura in questo caso! – con massa superiore a quelli “standard” che non siano posizionati nel centro di una galassia: la prova che tali sorgenti siano proprio buchi neri è fornita dalla variazione temporale della loro emissione X nonché dai loro spettri. Il più vicino al centro galattico di M82 dei due buchi neri in questione si trova ad una distanza di circa 290 anni-luce: la sua massa è stimata essere tra 12.000 e ben 43.000 volte la massa del Sole! Il secondo buco nero si trova a circa 600 anni-luce dal centro galattico e si ritiene che la sua massa sia compresa tra 200 e addirittura 800 volte quella del Sole! Se entrambi siano il prodotto di fusioni stellari, se questi rappresentino gli ex-nuclei di galassie più piccole gravitazionalmente catturate e distorte dall’azione mareale di M82 o se siano entrambe le cose, ciò al momento non è dato saperlo.


Ad ogni modo, una buona parte delle galassie più lontane osservate, come ad esempio quelle presenti nell'Hubble Deep Field, sono proprio galassie starburst ma, essendo troppo lontane, tali aree non possono essere osservate nel dettaglio. Certo è che le galassie starburst sono molto rare nell'universo locale (più recente) mentre sembrano abbondare nell'antico universo, vecchio di alcuni miliardi di anni, molto probabilmente perché all'epoca erano molto più vicine fra loro ed è quindi logico pensare che le interazioni fra galassie fossero molto più comuni.

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