mercoledì 6 maggio 2015

TRASMUTAZIONI DELLA MATERIA ALLA FINE DELLA VITA DI UNA STELLA

L’esaurimento del combustibile nucleare utilizzabile al fine di produrre energia via fusione termonucleare segna la vita “attiva” delle stelle; le trasformazioni cui, in seguito, viene sottoposto il nucleo di una stella nelle ultimissime fasi della sua evoluzione producono oggetti tra i più affascinanti ed interessanti tra quelli che popolano il Cosmo quali nane bianche, stelle a neutroni e buchi neri. Sebbene le proprietà fisiche di questi non sono state ancora perfettamente comprese, alcune ipotesi sono comunque ampiamente accettate.

Durante il corso della sua vita, una stella resta in costante equilibrio cosiddetto “idrostatico” (in realtà variabile, a seconda del suo grado di evoluzione) tra due forze: quella indotta dalla pressione di radiazione, generata dall’energia che essa produce nel suo nucleo e che irradia dalla sua superficie, e la forza di gravità indotta dalla sua stessa massa che tende, pur lentamente, a farla collassare su se stessa. Parallelamente a questa affermazione, potremmo affermare che l’equilibrio di una stella è costantemente pilotato dalla perdita di energia dalla sua superficie e dalle trasformazioni nucleari di elementi leggeri in elementi pesanti che avvengono nel suo nucleo.


Allorché il combustibile nel nucleo stellare è prossimo all’esaurimento, l’equilibrio tra la produzione e la perdita di energia viene rotto; in queste condizioni, la pressione di radiazione non riesce più a bilanciare la contrazione gravitazionale, che cresce ad elevata velocità nelle regioni centrali: priva di una sorgente di energia, la stella non può più conservare l’equilibrio idrostatico e comincia quindi a contrarsi. Durante la contrazione, la sua temperatura superficiale raggiunge valori elevatissimi (da 50.000 fino a 100.000 K) , valori che portano la stella ad emettere la maggior parte della loro radiazione nell’ultravioletto lontano; le trasformazioni che accadono nelle sue regioni centrali, indotte dal conseguente aumento di pressione e temperatura, permettono l’innesco di fusioni termonucleari tra nuclei atomici sempre più pesanti: infatti, l’energia ora liberata ristabilisce l’equilibrio tra produzione e perdita di energia, ponendo una sorta di “freno” alla contrazione delle regioni centrali, la cui materia è però a questo punto profondamente mutata dal suo normale stato.

Man mano, infatti, che la densità centrale della stella cresce a dismisura a seguito del collasso gravitazionale, si sviluppano condizioni tali per cui la distanza media tra gli atomi diviene paragonabile alle loro stesse dimensioni, uno stato nel quale l’usuale comportamento del gas stellare risulta profondamente alterato: in una stella normale, cosiddetta “di sequenza principale” o comunque non evoluta come il Sole, la “bassa” densità del gas nel nucleo stellare permette agli atomi di disporsi secondo la classica distribuzione detta “di Maxwell”, laddove la temperatura distribuisce le velocità degli atomi stessi e, di conseguenza, i loro continui urti; ma nelle condizioni di densità estrema nelle quali versa un nucleo stellare collassato, gli elettroni - che sono particolarmente mobili data la loro piccola massa - tendono a seguire una differente distribuzione, nota come “di Fermi-Dirac”, dettata dalla meccanica quantistica e non più da una grandezza macroscopica quale la temperatura!


Questo particolare stato della materia - chiamato "degenere" - viene raggiunto a densità tanto più basse quanto più bassa è la temperatura: ad esempio, un gas alla temperatura di 10 milioni di gradi passa dalla condizione di gas "perfetto" a quella degenere quando la sua densità è almeno 1200 volte quella dell'acqua; ad una temperatura di 100 milioni di gradi, si ha degenerazione allorché la densità diviene 40 mila volte quella dell'acqua e per temperature pari ad 1 miliardo di gradi, la degenerazione ha luogo invece avrebbe luogo per densità pari ad 1 milione di volte quella dell'acqua!

Un gas a tale densità è detto quindi “degenere”: il suo stato è tale che riesce ad arrestare la contrazione gravitazionale della stella, ostacolando allo stesso tempo il raggiungimento di condizioni di pressioni e densità ancora maggiori alle quali andrebbero a svilupparsi ulteriori combustioni nucleari; l’energia quindi si libera in grandi quantità quindi senza che si abbia un successivo aumento della pressione, senz’altro una vera efficienza.

La degenerazione del gas spiega quindi come all’interno di stelle morenti si sviluppi una pressione capace, anche in assenza di sorgenti termonucleari di energia, di arrestarne la contrazione: private così anche delle sorgenti gravitazionali di energia, stelle così tramutate tenderanno a raffreddarsi lentamente.


NANE BIANCHE

La pressione di elettroni degeneri è quindi sufficiente contrastare il collasso gravitazionale di stelle collassate con massa inferiore ad un certo limite critico - detto “di Chandrasekhar” - il cui valore si aggira attorno alle 1,44 M☉; la densità di questi oggetti - noti come “nane bianche” - è altissima, compresa tra 1 e 1000 tonnellate per centimetro cubo!

Stelle con massa iniziale fino ad 8 M☉ possono formare nane bianche alla fine della loro evoluzione a patto di perdere una considerevole frazione della loro massa formando le cosiddette “nebulose planetarie”, oggetti celesti tra i meno durevoli, con tempi di vita di appena qualche decina di migliaia di anni, al termine del quale la nebulosa si disperde nel mezzo interstellare, arricchendolo così di elementi sintetizzati durante la fase di combustione dell’elio.

Esistono due classi principali nane bianche: il tipo DA, con inviluppo di idrogeno, e il tipo non-DA, il cui inviluppo non contiene idrogeno ma elio assieme a tracce di elementi pesanti. Si ritiene che gli elettroni degeneri, come detto, producano la pressione e che gli ioni non degeneri costituiscano la massa: di conseguenza, il volume di questi oggetti è inversamente proporzionale alla loro massa. Inoltre, il loro tempo di raffreddamento caratteristico è tanto più breve quanto maggiore è la luminosità, cioè la perdita di energia per radiazione. Nane bianche con luminosità L = 10^-4 L☉, con L☉ luminosità del Sole, hanno un tempo di raffreddamento prossimo al tempo di vita della Galassia (una decina di miliardi di anni).



STELLE A NEUTRONI

Il nucleo collassato di stelle ancor più massicce, quelle che esplodono come supernovae, origina stelle di neutroni o buchi neri; allorché questo è di massa inferiore ad un valore compreso fra 1 e 2,5 M☉, la sua struttura viene sostenuta dalla pressione, in questo caso, di neutroni degeneri, con densità prossime a 1 miliardo di tonnellate per centimetro cubo!

Oggetti di questo tipo sono proprio le stelle a neutroni, molte delle quali sono note per le caratteristiche emissioni alle radiofrequenze, nella banda visuale dello spettro elettromagnetico così come in quella X (pulsars). I primi modelli di stelle a neutroni furono calcolati dai fisici Oppenheimer e Volkoff nel 1939. Il problema principale relativo a questi oggetti di alta densità è l'equazione di stato, che deve descrivere il comportamento di materia degenere estremamente densa.

La composizione della materia che costituisce una stella di neutroni include protoni e nuclei in struttura reticolare, elettroni in numero sufficiente per conservare la neutralità e neutroni liberi. Aumentando la densità (ρ), aumentano i neutroni liberi e cresce quindi la pressione neutronica, finché essa diviene confrontabile con quella elettronica. Quando ρ < 2,4 × 1014 g/cm^3 i nuclei si toccano, si fondono e danno origine a una mistura fluida di neutroni, elettroni e protoni. A densità ancora maggiori inizia il predominio dei cosiddetti “iperoni”, particelle altamente instabili formate, come protone e il neutrone, da tre quark (particelle elementari che si ritengono non ulteriormente divisibili). La densità massima raggiunta è di 2 × 1015 g/cm^3; in queste condizioni, il raggio tipico è dell'ordine dei 10 km.



BUCHI NERI

Infine, stelle che alla fine della loro evoluzione sviluppano nuclei di massa ancora maggiore collassano formando buchi neri.

La teoria della relatività generale di Einstein, a differenza di quella della gravitazione di Newton, ha importanti conseguenze prevedendo l'esistenza di oggetti gravitazionali collassati - i buchi neri appunto - e la possibilità di radiazione gravitazionale da distribuzioni di massa che variano nel tempo. Il ricorso alla relatività generale diviene necessario quando si considerano masse paragonabili ad un valore critico - il cosiddetto “raggio di Schwarzschild”, definito come rg = 2GM/c^2, dove G è la costante gravitazionale, M la massa e c la velocità della luce): come quasi sempre accade per i corpi celesti, il raggio di Schwarzschild è troppo piccolo perché le correzioni alla fisica classica dovute ad effetti relativistici siano importanti: in altre parole, con la massa del Sole si formerebbe un impossibile buco nero di circa 3 km, ovvero un milionesimo del suo raggio.

Diverso è il caso dei buchi neri dove si ha a che fare con materia divenuta talmente compatta tale che non è più possibile stabilire per questi una configurazione stabile. Un buco nero può essere definito come un oggetto di massa M confinata entro una regione il cui orizzonte degli eventi ha come raggio proprio quello di Schwarzschild: ogni cosa all'interno di questo orizzonte è attratta verso il buco nero, inclusa la luce. Un buco nero è quindi un corpo che assorbe perfettamente la luce; solo il suo campo gravitazionale è osservabile dall'esterno; ogni altra informazione è del tutto inaccessibile.

Il modo migliore per osservarne uno è perciò quello di cercarne gli effetti su stelle o gas vicini. Si ritiene che potrebbero esserci molti buchi neri prodotti dall'evoluzione di stelle massicce nella Via Lattea. Di questi, alcuni sono sicuramente membri di sistemi binari (la sorgente Cygnus X-1 è tra i più famosi esempi di questo tipo) e possono essere identificati dalla loro interazione con la stella compagna. Buchi neri giganteschi si possono formare al centro di ammassi popolosi o galassie come risultato di collisione stellari e coalescenza e processi simili darebbero origine nei nuclei galattici a buchi neri con masse fino a centinaia di milioni di volte quella del Sole!


Nessun commento:

Posta un commento