Forse non tutti sanno che la Luna…non è l’unico satellite naturale della Terra!
I più appassionati di letture celesti ricorderanno sicuramente le cosiddette nubi di Kordylewski, descritte dall'astronomo P.Maffei nell'avvincente “I mostri del cielo”, edito nel 1976. Di cosa si tratta?
In un’epoca in cui la ricerca di nuovi corpi nel Sistema Solare forniva frequentemente nuove scoperte effettuate con i più grandi telescopi del tempo, quella a cavallo tra i due scorsi secoli e nel primo periodo del XX, venne speculata la possibile esistenza di altri satelliti naturali in orbita attorno al nostro pianeta oltre alla ben nota e cara Luna. Dal momento in cui, nel corso della storia, non vi erano state segnalazioni di alcun tipo su oggetti che, peraltro, sarebbero dovuti essere molto vicini alla Terra, se qualcosa c’era allora doveva essere veramente sfuggente. D’accordo, elusive: ma quanto? E, soprattutto, situate dove?
Negli anni ’50 del secolo scorso, fu l’astronomo polacco K.Kordylewski ad interessarsi a tale questione, ipotizzando che l’esistenza non di un unico corpo, anche di piccole dimensioni, ma di vere e proprie nubi di polveri in orbita attorno al nostro pianeta: presenza che sarebbe stata possibile solo in due determinate posizioni di equilibrio gravitazionale esistenti tra la Terra e la Luna, situate sull'orbita 60° avanti e 60° dietro l'orbita selenica.
Parliamo dei cosiddetti “punti lagrangiani L4 - L5”, descritti dal matematico ed astronomo torinese J.L.Lagrange nel XVIII secolo; si tratta, in realtà, di due di ben cinque punti di equilibrio gravitazionale presenti in un sistema di due corpi (come, ad esempio, il sistema Sole-Terra o, per l’appunto, il sistema Terra-Luna...o tanti altri ancora, composti non necessariamente da pianeti e satelliti ma anche da stelle), all'interno dei quali non solo particelle e detriti interplanetari ma anche corpi di stazza ben maggiore potrebbero restare tranquillamente confinati a lungo tempo.
La prova storica che dimostrò la valenza delle idee puramente matematiche di Lagrange venne dalla scoperta, effettuata nei primi anni dello scorso secolo, dei cosiddetti satelliti troiani di Giove, distribuiti in due regioni (oblunghe a seguito delle continue librazioni, per circa 26°) attorno ai punti lagrangiani L4 ed L5 nel sistema gravitazionale Sole-Giove, sull'orbita del pianeta gigante.
Gli asteroidi troiani, centrati sui punti L4 ed L5, lungo l'orbita di Giove; in giallo, le nubi di Kordylewski disposte parimenti lungo l'orbita lunare |
Partendo da questo presupposto, nel 1961 Kordylewski intraprese una ricerca atta a provare la sua ipotesi. Ebbene, l'astronomo polacco riportò di aver osservato personalmente le due fantomatiche nubi ad occhio nudo nelle posizioni previste (ovvero 60° avanti e dietro alla Luna), osservazione che venne effettuata in una località sui monti Tatra. Sorge però, spontanea, una domanda: è davvero possibile riuscire a scorgere queste evanescenti aree sulla sfondo del cielo in presenza della Luna, dato che la Luna non si discosta mai più di tanto da queste? Vale la pena di ricordare che la luminosità di tali nubi dovrebbe essere ben più debole di quella della già-più-che-evanescente luce anti-eliale (nota anche come Gegenschein, causata dalla riflessione della luce solare da parte delle particelle di polvere presenti sull'eclittica)!
Non solo: a quanto pare, Kordylewski sembra fosse riuscito anche a riprenderle fotograficamente! Tuttavia, mancando in letteratura le tali foto riprese dall'astronomo, l’esistenza di tali fantomatici satelliti è stata sempre messa in dubbio e di conseguenza ampiamente trascurata dalla comunità scientifica.
Nel 1966, astronomi a bordo di un aereo NASA riferirono di aver visto due chiazze sbiadite in entrambi i punti L4 e L5. Allo stesso modo, nel 1975, l'Orbiting Solar Observatory annunciò di aver ripreso le nubi di Kordylewski. Successivamente vi sono state altre (poche, in realtà) campagne osservative a terra condotte da alcuni astronomi ma con risultati del tutto negativi. Addirittura, nel 2009 una sonda spaziale giapponese (Hiten) passò attraverso una delle due aree incriminate, tuttavia senza individuare particelle che fossero più grandi o più dense della norma.
In definitiva, sin dalla loro scoperta originale di Kordylewski negli anni '60, le poche segnalazioni sull'esistenza delle due nubi - in aggiunta alla mancanza di reali immagini delle stesse! - hanno portato la loro esistenza a non essere ampiamente accettata. Un bel mistero, perdurato per anni; fino a che, di recente, un recente studio condotto da ricercatori ungheresi sembra aver finalmente fatto luce su tali "fantasmi del Sistema Solare" (op. cit).
In primis, simulazioni effettuate con super-calcolatori mostrano come tali nubi siano composte da particelle vorticose, tutt'altro che stabili in forma, luminosità e densità: evoluzione indotta dall'arrivo occasionale di altre particelle giacenti sul piano dell'eclittica.
Ma dopo la simulazione, occorreva la prova fotografica. Poiché queste nubi sono illuminate dalla luce solare, la debole luce diffusa da tali particelle di polvere potrebbe essere osservata e fotografata dalla superficie terrestre con rilevatori sensibili a superfici diffuse.
A tal fine, alcuni ricercatori dell'Università Eötvös Loránd di Budapest, dopo mesi di perseveranza nel fotografare il cielo con opportuni filtri in grado di rilevare luce polarizzata da eventuali grani di polvere, hanno finalmente fatto bingo: in notti sufficientemente serene e senza Luna (tutt'altro che frequenti!), i telescopi hanno catturato un’immagine dove, proprio nella posizione L5, sono presenti pixel più scuri: esattamente quanto ci si aspettava da polveri dense!
Dettaglio dei pixel caldi rilevati dal team ungherese sulla volta celeste dove si proietta il punto L5 |
Al momento, le prove fotografiche condotte su L4 non hanno rilevato nulla, indicando che l’esistenza di materiale in questa posizione debba essere considerata, al momento, ipotetica.
Possiamo oggi affermare che, 60 anni fa, Kordylewski ebbe ragione a ricercare qualcosa oggi ancora elusivo: L4 ed L5 sarebbero infatti location ottimali sia per future colonie spaziali umane che per future generazioni di telescopi di ampio diametro.
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