martedì 28 aprile 2015

I NOMI PROPRI DELLE STELLE: "CORVUS, CRV, IL CORVO"

Nelle serate primaverili, allorché il clima più mite consente più ore d’osservazione in un ambiente certamente meno rigido, il cielo appare veramente spoglio di astri luminosi, rendendosi davvero poco appariscente se paragonato agli splendori invernali ormai tramontati; solo l’azzurra Spica (α Vir), l’arancione Arcturus (α Boo) e le stelle appartenenti alle più settentrionali costellazioni del Leone e dell’Orsa Maggiore permettono all’osservatore di orientarsi più o meno facilmente nella ricerca delle centinaia di galassie che sono poi la principale attrattiva del cielo primaverile, unico periodo dell’anno la Via Lattea è situata quasi interamente sotto l’orizzonte. In questo contesto, quella del Corvo è l’unica costellazione che risalta nella parte più meridionale del cielo: le sue quattro stelle più luminose, oltre a qualche isolata e poco appariscente stella dell’Idra, richiamano l’attenzione verso questa zona così oscura in quanto scarsamente popolata da astri luminosi.


L’intera area comprendente l’Idra ed il Corvo era già così nota presso gli Ebrei e ancor prima in Mesopotamia; furono però gli antichi Greci i primi ad associare queste due figure a quella del Calice (Crater); stando alla curiosa storia presente nella mitologia greca, il dio Apollo diede al Corvo, allora bello e con una stupenda voce, un Calice con il compito di portargli dell’acqua ma il volatile, preso dal desiderio di mangiare gli abbondanti frutti degli alberi che sorvolava, si attardò a tal punto che Apollo, adirato per l’oltraggio, non volle perdonarlo, punendolo togliendoli la stupenda voce e i suoi magnifici colori: di certo una punizione fin troppo severa, nonostante il corvo avesse portato a sua discolpa il serpente d’acqua (l’Idra) che, a suo dire, lo avrebbe trattenuto. Come solitamente accadeva in passato, anche questa costellazione venne diversamente rappresentata da altre culture; in India le sue quattro stelle più luminose delineavano la mano di un immenso cacciatore - qualcosa simile ad Orione - mentre i beduini, oltre a rappresentarvi la “groppa” di un gigantesco Leone (che solo in parte comprendeva quello odierno), vi videro in un secondo tempo anche il “trono dell’indifesa”, chiaramente riferito alla solitaria e vicina Spica; ancor prima, i babilonesi videro nelle quattro stelle corvine un cavallo, mentre i cinesi vi immaginarono un “carro imperiale che cavalca il vento”. In tempi più moderni, Julius Schiller, nella sua idea di associare alle costellazioni termini religiosi, cambiò le figure del Corvo e del vicino Calice ne “l’arca delle leggi di Mosè”.

Il Corvo contiene nei suoi ristretti 184 gradi quadrati di estensione solo sei stelle più luminose della quinta grandezza mentre una cinquantina sono quelle visibili solamente con un cielo particolarmente buio e terso.

Alchiba (α Crv)
Nome che deriva dall’arabo Al-Khiba' (“la tenda”), attribuito evidentemente ad una rappresentazione diversa da quella conosciuta; un altro nome proprio di questa stella, meno conosciuto, è Alminliar, che deriva da Al Minliar al Ghurab con cui gli arabi identificavano il “becco del corvo”, nome modificato anche nel latino Rostrum Corvi. Pur essendole stata attribuita dal Bayer la prima lettera dell’alfabeto greco, questa stella bianca di quarta grandezza, distante  68 anni-luce, è appena la quinta in ordine di luminosità dell’intera costellazione.

Kraz (β Crv)
Nome di origine oscura, apparso per la prima volta in un più che moderno atlante celeste ("Atlas Coeli Skalnate Pleso 1950.0"), edito a cura dell’astronomo A. Becvar) per questa stella che occupa l’angolo sud-orientale del quadrilatero, una gigante arancione che splende di magnitudine apparente 2,65 dalla distanza di 146 anni-luce.

Gienah (γ Crv)
Il nome deriva dal termine Al Janah al Ghurab al Aiman (“l’ala destra del corvo”), introdotto dall’astronomo tartaro Ulugh Beg (XV secolo) in riferimento alla sua posizione; esso venne tramutato nel latino Dextra ala Corvi. Situata nell’angolo di nord-ovest del quadrilatero, questa gigante bianca di magnitudine 2,59 e lontana 154 anni-luce è la più luminosa delle stelle di questo piccolo distretto celeste.

Algorab (δ Crv)
Nome che deriva chiaramente dall’arabo Al-ghuraab (“il corvo”). Si tratta di un sistema doppio, forse solo prospettico: la componente principale, una subgigante bianca lontana 87 anni-luce da noi e dalla luminosità assoluta 70 volte quella del Sole è accompagnata a 24,2” d’arco da una nana arancione di nona grandezza che, pur condividendone il moto proprio, non ha mostrato variazioni nell’angolo di posizione dall’epoca della sua scoperta, datata 1823.

Minkar (ε Crv)
Il nome deriva dall’arabo Al-mánxar (“la narice del Corvo”). Occupa l’angolo sud-occidentale, non lontana da Alchiba; questa stella, che splende esattamente di terza grandezza, è una gigante arancione dal raggio ben 52 volte quello del Sole, lontana ben 318 anni-luce.


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