Nelle serate primaverili, allorché il clima
più mite consente più ore d’osservazione in un ambiente certamente meno rigido,
il cielo appare veramente spoglio di astri luminosi, rendendosi davvero poco
appariscente se paragonato agli splendori invernali ormai tramontati; solo l’azzurra
Spica (α Vir), l’arancione Arcturus (α Boo) e le stelle appartenenti
alle più settentrionali costellazioni del Leone
e dell’Orsa Maggiore permettono
all’osservatore di orientarsi più o meno facilmente nella ricerca delle centinaia
di galassie che sono poi la principale attrattiva del cielo primaverile, unico
periodo dell’anno la Via Lattea è situata quasi interamente sotto l’orizzonte.
In questo contesto, quella del Corvo
è l’unica costellazione che risalta nella parte più meridionale del cielo: le
sue quattro stelle più luminose, oltre a qualche isolata e poco appariscente stella
dell’Idra, richiamano l’attenzione
verso questa zona così oscura in quanto scarsamente popolata da astri luminosi.
L’intera area comprendente l’Idra ed il Corvo era già così nota presso gli Ebrei
e ancor prima in Mesopotamia; furono però gli antichi Greci i primi ad associare
queste due figure a quella del Calice
(Crater); stando alla curiosa storia
presente nella mitologia greca, il dio Apollo diede al Corvo, allora bello e
con una stupenda voce, un Calice con il compito di portargli dell’acqua ma il
volatile, preso dal desiderio di mangiare gli abbondanti frutti degli alberi
che sorvolava, si attardò a tal punto che Apollo, adirato per
l’oltraggio, non volle perdonarlo, punendolo togliendoli la stupenda voce e i suoi
magnifici colori: di certo una punizione fin troppo severa, nonostante il corvo
avesse portato a sua discolpa il serpente d’acqua (l’Idra) che, a suo dire, lo
avrebbe trattenuto. Come solitamente accadeva in passato, anche questa
costellazione venne diversamente rappresentata da altre culture; in India le
sue quattro stelle più luminose delineavano la mano di un immenso cacciatore - qualcosa
simile ad Orione - mentre i beduini, oltre a rappresentarvi la
“groppa” di un gigantesco Leone (che
solo in parte comprendeva quello odierno), vi videro in un secondo tempo anche
il “trono dell’indifesa”, chiaramente
riferito alla solitaria e vicina Spica;
ancor prima, i babilonesi videro nelle quattro stelle corvine un cavallo, mentre i cinesi vi immaginarono
un “carro imperiale che cavalca il vento”.
In tempi più moderni, Julius Schiller,
nella sua idea di associare alle costellazioni termini religiosi, cambiò le
figure del Corvo e del vicino Calice ne “l’arca
delle leggi di Mosè”.
Il Corvo contiene nei suoi ristretti 184
gradi quadrati di estensione solo sei stelle più luminose della quinta
grandezza mentre una cinquantina sono quelle visibili solamente con un cielo
particolarmente buio e terso.
Alchiba (α Crv)
Nome che deriva dall’arabo Al-Khiba' (“la tenda”), attribuito evidentemente
ad una rappresentazione diversa da quella conosciuta; un altro nome proprio di
questa stella, meno conosciuto, è Alminliar,
che deriva da Al Minliar al Ghurab
con cui gli arabi identificavano il “becco del corvo”, nome modificato anche nel
latino Rostrum Corvi. Pur essendole
stata attribuita dal Bayer la prima lettera dell’alfabeto greco, questa stella bianca
di quarta grandezza, distante 68 anni-luce,
è appena la quinta in ordine di luminosità dell’intera costellazione.
Kraz (β Crv)
Nome di origine oscura, apparso per la
prima volta in un più che moderno atlante celeste ("Atlas Coeli Skalnate Pleso 1950.0"), edito a cura dell’astronomo A. Becvar) per questa stella che occupa l’angolo sud-orientale
del quadrilatero, una gigante arancione che splende di magnitudine apparente 2,65
dalla distanza di 146 anni-luce.
Gienah (γ Crv)
Il nome deriva dal termine Al Janah al Ghurab al Aiman (“l’ala
destra del corvo”), introdotto dall’astronomo tartaro Ulugh Beg (XV secolo) in
riferimento alla sua posizione; esso venne tramutato nel latino Dextra ala Corvi. Situata nell’angolo di
nord-ovest del quadrilatero, questa gigante bianca di magnitudine 2,59 e
lontana 154 anni-luce è la più luminosa delle stelle di questo piccolo
distretto celeste.
Algorab (δ
Crv)
Nome che deriva chiaramente dall’arabo Al-ghuraab (“il corvo”). Si tratta di un
sistema doppio, forse solo prospettico: la componente principale, una subgigante
bianca lontana 87 anni-luce da noi e dalla luminosità assoluta 70 volte quella
del Sole è accompagnata a 24,2” d’arco da una nana arancione di nona grandezza
che, pur condividendone il moto proprio, non ha mostrato variazioni nell’angolo
di posizione dall’epoca della sua scoperta, datata 1823.
Minkar
(ε Crv)
Il nome deriva dall’arabo Al-mánxar (“la narice del Corvo”). Occupa
l’angolo sud-occidentale, non lontana da Alchiba; questa stella, che splende
esattamente di terza grandezza, è una gigante arancione dal raggio ben 52 volte
quello del Sole, lontana ben 318 anni-luce.
Nessun commento:
Posta un commento