Visibile altissima
sull’orizzonte in queste nottate di primavera, esattamente a metà strada tra
Denebola (β Leo) e Cor Caroli (α CVn), la costellazione della Chioma di
Berenice attrae l'attenzione dell'osservatore, anche quello inesperto, per il suo
ammasso aperto perfettamente visibile ad occhio nudo ed esteso per ben 6° sulla
volta celeste! In tempi antichi, esso fu visto come la punta della coda del Leone
celeste; fu invece il grande Tycho Brahe, in tempi molto più recenti, ad essere
ispirato da questo gruppo di stelle a tal punto che decise anch’egli, come di
moda a quei tempi, di creare con esse una nuova costellazione da aggiungere
alle 48 originarie tolemaiche: fu così che quelle sparute stelle divennero,
nella sua fantasia, i capelli della regina alessandrina Berenice.
L'area celeste, nel cielo primaverile dove è presente l'ammasso stellare della Chioma di Berenice
Eppure questo gruppo, centrato
sulla stella γ Com (mag. 4,36), a differenza di altri oggetti di questo tipo
ben noti quali l'ammasso stellare del Cancro, quello di Tolomeo nello Scorpione
e le Iadi e le Pleiadi nel Toro, esso non venne compreso nel famoso catalogo di
oggetti stellari facili edito dall’astronomo francese Charles Messier; ne,
tantomeno, venne riportato come ammasso aperto nel Nuovo Catalogo Generale di
oggetti deep-sky ben noto in Astronomia. Fu l’astronomo Philibert Jacques
Melotte che, successivamente, incluse “l’ammasso stellare della Chioma” - come
ai tempi era noto - nel suo catalogo di ammassi aperti con il numero 111; edito
nel 1915, questo catalogo venne costruito utilizzando una delle prime surveys
fotografiche celesti di sempre, eseguita dall’astrofilo inglese John
Franklin-Adams nel cielo australe del Sud Africa: un lavoro immane per i tempi,
contenente ben 206 mappe fotografiche, ognuna estesa per ben 15°, che coprivano
l’intera volta celeste con stelle fino alla 17° grandezza!
Mappa di Melotte 111
Melotte 111, questo quindi il
suo nome “in codice”, trovandosi posizionato ad una latitudine galattica
piuttosto elevata, è ben lontano dalla Via Lattea; questa particolarità fa si
che questo gruppo stellare - le cui componenti più luminose sono disposte a
formare una specie di Y rovesciata che ricorda molto la costellazione del
Cancro - si renda piuttosto appariscente ad occhio nudo destando quasi una
sensazione di profondità rispetto all’area circostante popolata da stelle non
eccezionalmente luminose, una caratteristica del cielo di Primavera. Provare
per credere! Ad ogni modo, lo strumento ideale per apprezzarne la bellezza e i
dettagli è senz’altro il binocolo.
Fotografia a largo campo dell'ammasso stellare della Chioma
C'è da dire che alcune tra le
selle più luminose che popolano l’area, in particolare γ Com e 18 Com, non sono
reali componenti dell’ammasso ma si proiettano avanti ad esso; quelle vere,
circa una sessantina, vennero identificate come tali già nel 1938 ad opera
dell’astronomo Robert Trumpler osservandone moto proprio e velocità radiale. Le
reali componenti più luminose del gruppo stellare sono 14 e 16 Com, di quinta
grandezza e dalla luminosità intrinseca una cinquantina di volte quella solare;
la maggior parte del resto delle stelle facenti parte dell’ammasso stellare
della Chioma sono quasi tutte più luminose della 7a grandezza ma non mancano
altre apparentemente ancor più deboli.
Queste hanno il loro centro
geometrico posto a 286 anni-luce dal Sistema Solare, valore che quindi rende
Melotte 111 il terzo ammasso stellare in ordine di distanza dal Sole dopo la
corrente stellare dell’Orsa Maggiore e le Iadi! Per termini di confronto, se il
Sole distasse la medesima quantità, esso apparirebbe come una debole stella -
badate bene - di nona grandezza! Ad ogni modo, mettendo in relazione la
distanza con la sua estensione apparente, ne consegue che l’ammasso stellare è
esteso nello spazio per un diametro di quasi 23 anni luce.
Mel 111 è un oggetto
relativamente giovane, con un'età stimata delle sue componenti compresa tra i
400 e i 600 milioni di anni e con una massa totale stimata inferiore a quella
di 100 stelle come il Sole; valore che porta a dedurre che le sue componenti
sono stelle nane come il Sole, ancora in fase di conversione dell’idrogeno in
elio (dette “di sequenza principale”). Sebbene Mel 111 non contenga quindi
stelle giganti, il diagramma HR costruito per le sue componenti mostra che alcune
di queste sembrerebbero iniziare ad uscire dalla cosiddetta “sequenza
principale”, evolvendosi in sub-giganti; sempre dallo stesso diagramma, che si
interrompe bruscamente laddove sono presenti stelle rosse attorno alla sesta
grandezza come magnitudine assoluta.
In alter parole, stelle le nane
rosse, che negli ammassi stellari aperti costituiscono una buona percentuale
della massa degli stessi e sono ben presenti, sembrano essere del tutto assenti
da Mel 111, il che porta ad ipotizzare che le sue stelle più minute (in termini
di massa) possano essere andate disperse nello spazio causa la poca coesione
gravitazionale dell’ammasso, man mano che esso percorreva la sua orbita nella
Via Lattea. A tutti gli effetti, se paragoniamo Mel 111 con le ben più famose
Pleiadi (con le quali condivide età e volume), allora ci si accorge facilmente
che la sua densità - pari a circa una sola stella per parsec cubico (ricordiamo
qui che 1 parsec equivale esattamente a 3,26 anni-luce e 1 anno-luce più o meno
a 10 mila miliardi di km!) - è davvero minima, un valore davvero limite per un
ammasso stellare affinché resti gravitazionalmente coeso e possa continuare a
vivere come un'unica entità.
I colori delle stelle di Melotte 111 e le galassie che ne popolano il campo
Fra le stelle che popolano il
gruppo sono presenti osservare un gran numero di galassie, alcune delle quali
luminose e davvero belle come NGC 4559 ed NGC 4565; non lontano da li, è
situato uno dei più famosi ammassi di galassie, prossima tappa di questo
viaggio nel Cosmo.
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