martedì 29 settembre 2020

STELLE RECORD: UY SCUTI, LA PIU' GRANDE CONOSCIUTA

Chi si occupa di divulgazione astronomica avrà certamente ricevuto, da curiosi o occasionali osservatori della cielo stellato, la classica domanda “qual'è la più grande stella conosciuta?”. Una semplice vista, anche al di sotto di un cielo particolarmente scuro, del gran numero di stelle visibili ad occhio nudo o della stessa Via Lattea porta subito a comprendere che, con le migliaia di stelle visibili ad occhio nudo, che diventano poi miliardi con l'utilizzo di telescopi professionali, fornire una risposta a tale domanda è cosa tutt'altro che semplice!

Nonostante sia letteralmente impossibile analizzare tutte le stelle appartenenti alla nostra galassia, sia per il grande numero ma anche per fattori meno evidenti come la grande distanza o la diminuzione della luminosità dovuta all'assorbimento della loro luce da parte delle polveri interstellari, è anche vero che un grande numero di stelle è stato analizzato da generazioni di astronomi e i risultati forniti da numerose surveys forniscono oggi risultati che, anche se non assoluti, forniscono comunque un'idea di cosa “c'è la fuori”.

UY Scuti, si distingue per il suo caratteristico colore "arrossato" tra milioni di stelle di fondo, parti anch'esse della Galassia

Se è vero che per lunghi anni alcune tra le stelle più note della volta celeste quali Antares (α Scorpii), Betelgeuse (α Orionis), Rasalgethi (α Herculis), Erakis (μ Cephei) (solo per citarne alcune!) sono state riportate quali vincitrici di questa competizione di “pesi massimi” relativamente ai diametri stellari, è pur vero che nel corso degli ultimi anni tecniche quali l'analisi spettroscopica o l'interferometria a macchie hanno fornito risultati ragguardevoli non solo sulla struttura chimico-fisica di tali mostri permettendo, in alcuni casi, di osservare i dischi stellari, misurandone così i reali diametri (...dischi larghi qualche millesimo di secondo d'arco, sia pur chiaro, ma tenendo conto delle enormi distanze delle stelle dal Sistema Solare, si tratta di risultati a dir poco straordinari!).

E' bene chiarire subito che, parlando di ordini di gerarchie relativi alle "dimensioni" stellari, tutte le stelle più "larghe" presenti nella nostra Galassia e nell'Universo non nascono così ma divengono tali a seguito dell'evoluzione indotta dalla loro massa iniziale; perso l'equilibrio indotto dalla reazione termonucleare che fondeva idrogeno in elio, atta a sostenere le stelle da un inevitabile collasso indotto dalla propria massa, esse vanno incontro ad un collasso che porta il nucleo della stella a subire una pressione ben maggiore della precedente parallelamente ad un aumento della temperatura: tali condizioni favoriscono l'innesco di una nuova e più efficiente, in termini di produzione di energia, reazione termonucleare, che porta il nucleo di elio (prodotto dalla precedente reazione) a convertirsi in carbonio, azoto e ossigeno. A seguito della nuova e più potente pressione di radiazione prodotta, la stella torna nuovamente ad espandersi, oltrepassando però le "precedenti dimensioni", divenendo così una stella gigante, più fredda alla superficie (e, di conseguenza, più rossa) nonché meno densa. Il grande raggio induce la nuova stella ad avere una vasta superficie radiante: anche se fredda, essa irradia una luminosità ben maggiore di quella del Sole o di quella rilasciata nel suo precedente stato.

Diagramma che mostra i modelli di evoluzione stellare oggi accettati

Nascono così le cosiddette stelle giganti”, classe nella quale, tra circa 5 miliardi di anni, si trasformerà il nostro Sole come tutte le stelle con massa compresa tra circa 0,3 ed 8 masse solari. Stelle dei primi tipi spettrali (O e B), aventi massa iniziale ancora maggiore, subiscono lo stesso processo evolutivo, che però le porta ad modificarsi in stelle dalle dimensioni ben maggiori: ecco che, al secondo posto, troviamo le cosiddette “supergiganti”, il cui raggio è generalmente compreso tra 30 e 1000 volte quello del Sole.

Per stelle che nascono con massa ancora maggiore, 100-150 volte quella solare, la pressione di radiazione va a limitare il raggio massimo che tali stelle possono assumere, generalmente con valori compresi fra 1000 e 2000 raggi solari; sono proprio queste le stelle più grandi conosciute, quelle che andiamo a porre al primo posto sul podio dei colossi cosmici: parliamo delle delle stelle “ipergiganti”. Nel 1956 gli astronomi Feast e Thackeray usarono per la prima volta il termine super-supergigante (in seguito cambiato in ipergigante) per indicare quelle stelle aventi magnitudine assoluta maggiore del valore -7; nel 1971, l'astronomo Keenan suggerì però di utilizzare tale termine solo per quelle supergiganti che mostravano estese atmosfere o elevate tasse di perdita della propria massa (cosa che induce una stella ipergigante a non essere necessariamente più massiccia di una supergigante simile...).

Generalmente, le ipergiganti hanno massa ben maggiore di quella delle supergiganti, arrivando a superare anche il valore di 100 volte quella del Sole! Ciò porta le ipergiganti ad essere considerate le più luminose tra le stelle note; ma proprio a causa del grande vigore con il quale producono l'energia utile ad evitare l'inesorabile collasso per gravità, la durata della loro vita è brevissima, aggirandosi solo su alcuni milioni di anni: pochissimo, quando paragonato ai circa 10 miliardi di anni che può raggiungere una stella con massa simile al Sole. Al termine della loro vita, l'inevitabile destino che attende queste stelle è esplodere in una supernova di tipo II o, nei casi con massa estrema, addirittura in ipernovae. 

Ebbene, la più “grande” tra le stelle ipergiganti note ed appartenenti alla nostra galassia, non è, innanzitutto, visibile ad occhio nudo; splende, infatti, di tredicesima grandezza, valore che la rende esclusivamente visibile (e con non poca difficoltà!) con il solo ausilio di telescopi da almeno 200 mm di diametro. Situata nella costellazione dello Scudo, venne scoperta nel 1860 da astronomi che lavoravano presso l'Osservatorio di Bonn, in Germania, a seguito delle variazioni di luce esibite lungo cicli lunghi 740 giorni; caratteristica che denotava la stella quale “variabile” e, per il quale motivo, ricevette la sigla “UY Scuti” a denotarla. Poiché nel caso di UY Scuti le variazioni di luce sono prodotte da vere e proprie pulsazioni del suo raggio, che portano l'astro ad espandersi per poi contrarsi periodicamente, le misurazioni relative all'esatto valore del diametro del suo disco apparente si sono sempre rese una vera sfida, risolta solamente negli ultimi anni proprio grazie all'utilizzo dell'interferometria.

Questa immagine rende l'idea delle dimensioni di UY quando comparate con quelle della nostra piccola stella, il Sole: ogni commento è superfluo...

Nell'estate del 2012, il Very Large Telescope (VLT) venne utilizzato in modalità interferometrica per la misura dei parametri di tre supergiganti rosse, situate non lontane dal centro galattico, già note per essere enormi: AH Scorpii, KW Sagittarii e UY Scuti. In questo modo, i quattro telescopi da 8,2 metri di diametro ciascuno raccolgono la stessa quantità di luce di un singolo specchio di 16 metri di diametro, rendendo così il VLT lo strumento ottico più grande del mondo: la risoluzione angolare è equivalente a quella di uno specchio che abbia un diametro pari alla massima distanza tra i telescopi, pari a 100 metri! Così facendo, il VLTI ha come obiettivo una risoluzione angolare di 0,001" d'arco ad una lunghezza d'onda di 1 μm ovvero nel vicino infrarosso (per intenderci, tale potere risolutivo è sufficiente a risolvere un oggetto grande 2 metri alla distanza che separa la Terra dalla Luna!). Con tali caratteristiche, il VLT era quindi lo strumento ideale per misurare l'estensione angolare o, se vogliamo, il diametro apparente, con cui queste stelle, pur essendo immensamente lontane, si presentano alla nostra vista. 

Ebbene, quest'ultima è risultata essere la più grande ed anche la più luminosa delle tre stelle stelle studiate: sulla base ponendo il diametro angolare osservato (pari a 5,48 ± 0,10 millesimi di secondo d'arco) in relazione alla distanza della stella, stimata in circa 9.500 anni luce, il raggio derivato risulta ben 1.708 (± 192) volte quello del Sole (pari a 7,94 ± 0,89 Unità Astronomiche). E' questo il vero record, che nessuna altra stella, ad oggi nota, ha ancora superato! Qualcosa di inimmaginabile, anche per la più fervida tra le menti aperte alla fantascienza! Con una temperatura superficiale di 3.300 K ed una massa iniziale di 25 volte quella del Sole, una sfera così immensa, di conseguenza, possiede una superficie emissiva talmente enorme che la luminosità intrinseca derivata è ben 340 mila volte quella del Sole!

In questa immagine globale di UY Scuti, il nostro Sole appare letteralmente invisibile davanti a questo colosso cosmico

Anche se il quadro delineato è di tutto rispetto, anche una ipergigante di tale stazza è destinata, come ogni altra stella, ad evolvere e, quindi, un giorno a morire...e col botto! Dopo aver esaurito le scorte di elio nel proprio nucleo atte alla creazione di energia tramite fusione termonucleare, la stella attraverserà quindi successive fasi evolutive dove gli elementi creati in ognuna verranno, a a loro volta, utilizzati per forgiare elementi sempre più pesanti. Fino al ferro, il quale sarà la vera condanna a morte di questa stella: a differenza di quando accade per le reazioni nucleari che hanno seguito prima, la fusione di due nuclei di ferro non rilascia alcuna energia; anzi, la sottrae all'ambiente circostante, portando la stella a cessare improvvisamente la produzione di energia e, quindi, della pressione di radiazione che, fino a quel momento, aveva aiutato il colosso stellare a restare in una sorta di pur precario equilibrio con la gravità: ciò induce alla stella un collasso del tutto incontrollato, portando nel giro di pochi minuti la sua intera, immensa struttura a collassare.

E' proprio qui che verrà a crearsi una ipernova, che al massimo della luminosità rilascerà l'energia prodotta da 100 supernovae di tipo II, (luminose, queste, 100 mila volte il Sole!), rendendosi sicuramente visibile anche ad occhio nudo dal nostro pianeta.

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